Proverbi
Proverbi in generale e blasoni
1. A far a so mođo - se vive ẑènto ani đe pi
a modo proprio (secondo la propria natura istinto genio inclinazione); costrizione / libertà; detto anche, con intento ironico e polemico, a chi non accetta ordini o consigli; 1a, 1b
2. A far i conti sènẑa l oste - toca farli đo volte
come i calcoli, anche i progetti e i sogni sono esposti a sgradevoli sorprese, a delusioni; 1a, 1c
3. A far i fati soi - no se se sporca mai le man
cosa che, invece, può capitare a chi s' intromette negli affari altrui (non sempre puliti); 1a, 1b
4. A fòrẑa đe bàter - ceđe anca l fèro
e dai e dai, con la costanza e l’insistenza si modificano anche le posizioni più dure; 1a, 1c
5. A fòrẑa đe ndar inte l pos - al sécio l ghe assa l mànego
uso oculato / uso smodato del secchio (del corpo): attenti al manico (alla salute); 1a, 1c
6. A l can dur - no ghe toca mai la carne fresca
solerzia e operosità / lentezza e pigrizia; 1c, 2b
7. A l mulin e a la sposa - manca senpre qualche cosa
più che malignare, datti da fare, se vuoi che il mulino, macchina complessa, possa funzionare a dovere e che la sposa, delicato motore della vita familiare, possa tirare avanti; 1a, 1c
8. A metà ano - al cul fa scano
a circa sei mesi di vita, il sederino funge da sgabello ai bimbi; 1a, 1c,
9. A méter la pégola inte la barca đe i altri
se perđe la barca e anca la pégola
a effettuare investimenti su beni di proprietà altrui (come calafatare la barca di altri), ci si rimette il bene (la proprietà della barca resta immutata) e anche l'investimento; 1a, 1b
10. A na pissađa e a na tosa inamorađa - no se pol dirghe đe nò
puoi contrastare l'amore di tua figlia; sappi però che saran dolori…; 1a, 1c
11. A paroni e sarvitori mati - no se ghe comanda
il problema è capire a chi si riferisce quel mati, data la sua posizione strategica nella frase; 1a, 1c
12. A San Fior - al pi galantòmo l era l prete - che i lo à trovà co la caveẑa in man - e i bò picađi đa đrio…
il parroco che, colto in flagrante, disse che non intendeva affatto rubare i buoi, lui: non era colpa sua se quelli si trovavano legati all'altro capo della cavezza che teneva in mano!; 1b, 1c(bl), 5b
13. A San Fior - i pianta fasoi e nasse lađri
ingegneria genetica paesana!; 1b, 1c(bl), 5b
14. A San Fior - no l é l ẑimitèro parché i mor tuti in preson
[così dice il blasone: chi non ci crede vada pure a verificare]; 1c(bl), 5b
15. A star co la loc - se inpara a locar
stando con l’allocco, se ne assume il comportamento stupido; 1c, 2b
16. A vardar i fati đe chealtri - va mal i soi
immischiarsi nei fatti altrui / badare ai fatti propri; 1a, 1c
17. Al cafè - al ghe vol scotà sentà scrocà
una piccola dose di edonismo: prenderlo caldo, seduti e gratis; 1a, 1b
18. Al can moẑ - al stà poc a levar la cođa
non può vantarsi di alzare la coda mozza più speditamente dei suoi simili che la conservano lunga; coscienza dei propri limiti / presunzione; 1c, 2b
19. Al caval pi bon - l à copà l so paron
è docile, ma può adombrarsi e impennarsi: non fidarti troppo!; 1c, 2b
20. Al caval ros - l à butà l so paron inte l fòs
non essere così fiducioso e sicuro: può sempre imbizzarrirsi…; 1c, 2b
21. Al corpo mal usà - al se pensa đe quel che l fa
quando verranno i malanni, si ricorderà (e si pentirà) delle sue cattive abitudini; 1a, 1c
22. Al dì che se semenea - no se racòlie
come i semi, parole ed esempi edificanti daranno frutti col tempo; 1c, 6c
23. Al diàvol - insegna a far la pignata - ma nò l quèrcio
ti suggerisce le malefatte, poi ti tradisce: ti lascia senza 'coperchio'; 1a, 1d
24. Al diàvol - insegna a farle - nò a scónderle
le marachelle, le malvagità, i delitti saranno scoperti (e puniti); 1a, 1d
25. Al diàvol - la fa senpre su l grun grant
va a cacare (soldi) solo sul mucchio grande (aggrava le ingiustizie); 1a, 1d
26. Al fior pi brut - l é quel de l vin
la fioretta nella botte dice che il vino si altera (o sta per esaurirsi!); 1a, 3b
27. Al fior robà - al regna
se lo cerchiamo noi, a costo di rubarlo, gli prestiamo la massima cura perché attecchisca e si propaghi (quello regalato, invece…); 1a, 3a
28. Al foràjo - l é la đòta đe la canpagna
se c’è molto foraggio, c’è più bestiame, carne, latte, concime, cioè maggior fertilità e produttività dei campi: esso è la vera dote dell’azienda; 1a, 3a
29. Al gal canta - al can abàja
ciascuno secondo la sua natura (non resta che prenderne atto); 1c, 2b
30. Al gevro - al stà đoe che no se cređe
sorprese della caccia alla lepre (e della vita: all’erta, cogli l’attimo); 1c, 2b
31. Al grisù no l é cređù - l é l ingrespà che đis la verità
sull'età, il grigio dei capelli mente: fanno testo le grinze della pelle; a Calalzo invece si dice Al cavel canù - no l é cređù; 1a, 1c
32. Al guađagno - al stà inte l consumo
sta cioè nel volume di affari (più che nell’aumento dei prezzi); 1a, 1c
33. Al lèt l é na bèla cosa - se no se đorme se riposa
1a
34. Al marcante e l òsto - se lo stima đòpo morto
[da vivi non godevano buona fama, stando ai blasoni]; 1a, 1c(bl)
35. Al martèl - al magna pèl de cojoni
sbuccia la pelle dei maldestri, che se lo picchiano sulle dita; 1a, 1c
36. Al mistier đe l contađin - no l à mai fin
orario prefissato, riposi festivi e ferie sono incompatibili con la vita e le esigenze degli animali e delle piante da accudire; 1a
37. Al mondo l é mal crivelà - chi copa porẑèl e chi no ghen à
la società della diseguaglianza: chi gozzoviglia e chi fa la fame; 1a, 1c
38. Al mus de đo paroni - l é l primo a morir đa fan
gli scherzi della vita; assumersi la responsabilità personale / giocare a scaricabarile; 1c, 2b
39. Al naso che pissa in boca - guai chi lo toca
naso aquilino: persona suscettibile e aggressiva; 1a, 1c(bl)
40. Al pan de i sarvitori - l à sète croste
è duro; dipendenza / indipendenza; 1a, 1b
41. Al pan destinà pa i so đènt - no l é nissuni che lo magna
nessuno può sottrarti ciò che ti è destinato, nel bene come nel male; 1a, 1c
42. Al paron l à na iđea - al mus al ghen à n’antra
‘tot capita, tot sententiae’; se poi uno ragiona da asino…; 1a, 1c, 2b
43. Al pèđo - no l é mai mòrt
va male? attenti al peggio: non si può mai escluderlo; 1a, 1c
44. Al pes grant - magna l pìẑol
la legge del pesce grosso (pure in campo economico); coesistenza / sopraffazione; 1c, 2b
45. Al peso - no đòrme mai
il peso in astratto e il peso della stadera (attento: se ti cade sul piede, sveglia pure te…); 1a, 1c
46. Al poc basta - al tròp guasta
moderazione e parsimonia / eccesso e spreco; 1a, 1c
47. Al primo amor - no fa mai rùđen
non arrugginisce, risplende sempre nel ricordo; 1a, 1c
48. Al primo pan - l é đe l paesan
(e agli estranei quello che resta); 1a, 1b
49. Al quòr - no invècia mai
in fatto di sentimenti e affetti, s'intende; 1a, 1c
50. Al re parte - la ẑità stà male
dice il monarchico (o il giocatore di carte che cala il pesante re); 1a, 1c
51. Al s-ciòp al tira via - al restèl al tira a casa
lo schioppo del cacciatore consuma in ogni caso munizioni, con risultati aleatori; il rastrello del contadino ammassa fieno prezioso per l’azienda 1a
52. Al Signor - al toca i soi
consolati, se sei stato toccato dalla sventura: ciò è segno di predilezione divina [e come la metti con chi ti dice Al Signor te à castigà?]; 1a, 1d
53. Al tabià no l é mai pien - có no stà anca l martorèl
nel fienile zeppo di fieno trova comunque posto la martora; 1a, 2b, 5a
54. Al tabià sènẑa fien - no val gnent
metaforicamente si dice così anche del seno vizzo; 1a, 5a
55. Al talpon e l saleẑ - i à assà morir so mare đa l fret
pioppo e salice, come legna da ardere, producono assai poco calore; 1c, 3b
56. Al tenero - ronpe l duro
‘gutta cavat lapidem’ (la goccia scava la pietra); la gentilezza e le maniere dolci conquistano, fanno breccia anche con i burberi e gli ostinati; 1a, 1c
57. Al tènp, al cul e i siori - i fa quel che i vol lori
il tempo, il culo e i signori: equiparati in fatto di capricci, stravaganze e dispotismi; 1a, 1c, 6b
58. Al tènp e la mòrt - ronpe i đisegni
scompaginano e distruggono fatalmente piani, progetti, sogni; 1c, 6b
59. Al tènp - l é l mèjo mèđego che sia
per molte affezioni, soprattutto psicologiche; 1c
60. Al tosat che l sie san - e che l sàpie guađagnarse l pan
le qualità dello sposo: sano fisicamente e moralmente, e 'lavoratore'; 1a, 1b
61. Al tròp - ronpe l grop
evitare gli eccessi: spezzano nodi, legami tra persone, equilibri, ecc.; 1a, 1c
62. Al vin - al fa cantar anca i òrbi
fa cantare anche…i ciechi; 1a, 1c
63. Al vin - l é l late đe i vèci
anche se, in verità, qualche ben nota controindicazione la presenta…; 1a
64. Al vin pi bon - l é quel che vien de riva in dó
è preferito quello che arriva 'in discesa', offerto, scroccato; 1a
65. Amor - no l é brođo đe fasói
potrebbe essere magari 'una cosa meravigliosa'…; 1a, 1c
66. Amor sènẑa barufa - sa đa mufa
sa da stantio, da cosa avvizzita; 1a, 1c
67. Anbiẑion e vin bon - dura poc
le ambizioni crollano, il vino pregiato va a ruba, sparisce presto; 1a, 1c
68. Anca l late - a fòrẑa đe crésser - al va passora
trabocca (così, chi viene provocato, esce dai gangheri e si scatena); 1a, 1c
69. Anca quel che l à l còr sincero - l à inventà l mercato nero
“Chi è senza peccato…”; chi non è mai ricorso a sotterfugi?; 1a, 1b
70. A ndar gòbi - toca ciaparle
se vai con la schiena curva (oppresso da qualche peso o disgrazia), ti capita poi anche di buscarle, trovi qualcuno pronto a darti addosso; 1a, 1c
70. Ani e bicerin - no se i conta
è scortesia contare gli anni altrui e i bicchierini offerti o bevuti; 1a, 1b
71. Aqua passađa - no masna pi
il mulino è alle spalle; il fatto è accaduto: a che rivanghi, recrimini?; 1c, 4b
72. Aria đe fessura - te porta in sepultura
via dalla corrente d'aria, dallo spiffero!; 1c, 4d
73. “Ari ari, mus - che sen a pari!”
"Corri corri, somarello, purtroppo siamo entrambi disgraziati e condannati a portar avanti il peso della vita!", disse l’uomo all'umile compagno; 1c, 2b
75. Assar la strađa vècia, par la nova - se sa quel che se assa, nò quel che se trova
usi e metodi vecchi e nuovi; innovazione / conservazione; 1b, 1c
76. “Asseme far al fator, un ano - se no me fae sior, me đano”
“Mio danno, se non mi faccio ricco nel giro di un solo anno”, disse l’amministratore (disonesto) dell'azienda agricola; 1a, 1b
77. “Asseme povera - te farò rico”
la vite, resa povera di tralci, renderà il potatore ricco d’uva; 1c, 3b
78. “Ave Maria graẑia plena…” - (chi che à i fiói se i mantegna)
impegnativo un atteggiamento più…cristiano; più facile pregare; 1b, 1d
79. Barca rota - no lavora
la barca scassata (come anche il nostro corpo, quando è malato); 1a, 1c
80. Bartoldo l fa lìssia có l piove - che l primo sol l é soo
Bertoldo non cerca (come te) il pretesto della pioggia per rimandare il lavoro (a esempio quello del bucato, che pure esigerebbe il bel tempo, il sole, per l’asciugatura), tanto più che è sua la ben nota massima / scoperta che Dòpo la piova - vien al bel tènp; 1c, 4b, 6b
81. “Bati l ẑest - che resta l mànego!”
“Scatenati pure contro il tuo cesto (la cosa che ti capita sotto, la persona cara): sfasciato quello, ti resterà solo il manico (la perderai)!”, disse il saggio al furioso (autolesionista); 1a, 1c
82. "Beata quela sposa - che par prima la à na tosa!"
quando i figli erano numerosi, la madre era fortunata se generava per prima una femmina, perchè questa l’avrebbe aiutata nell' allevare gli altri nati e nelle faccende domestiche; 1a, 1c
83. “Beati i ultimi!…” - (se i primi i à creanẑa)
la promessa evangelica e la fede traballante; teoria (e pratica); 1b, 1d
84. Bèi in piaẑa - bruti in fassa
se il tuo bimbo in fasce è brutto, sarà bello quando, cresciuto, andrà in piazza tra la gente; 1a, 1c
85. Bèla in vereta - l òn ghe le peta
si mostra inanellata: il marito diventerà geloso, e la strapazzerà; 1a, 1b
86. Bèpo Gòbo đa Casier - "Tuti quanti l so mistier!"
"Meglio pronunciarsi nell’ambito del / badare al / proprio mestiere"; 1a, 1b
87. Bèta - da la lengua s-cèta
Betta fa rima con schietta [e basta questo per giustificare la schermaglia giocosa, a quanto pare]; 1a, 1c(bl)
88. "Bianc e nero - méneme a casa!"
vino bianco e rosso: sbronza assicurata (e perdita della trebisonda); 1a, 1c
89. Bigat da Còle
Collumbertesi imbozzolati, imbambolati come le crisalidi del baco da seta [blasone-bisticcio tra il nome del bigat, crisalide appunto, e del borgo Pigatti di Colle U.?]; 1c(bl), 2b, 5b
90. Bisògna nàsser - par èsser
la nascita, le origini determinano l’essere e la vita di ognuno; 1a, 1c
91. Bisògna proar - par saver
la prova, l’esperienza pratica fondano il sapere (più delle chiacchiere!); 1a
92. Bisògna salvar l ort - par le verđe
devi saper rinunciare a qualcuna delle verdura che si consumano d'estate e riservare una parte di orto alla coltivazione delle verze, indispensabili per l'inverno (devi pensare anche al futuro: non tagliare i ponti, non compromettere i rapporti con le persone per futili ragioni); 1c, 3b, 5a
93. Boi đa Còle - vache đa San Fior - tose đa Pianẑan - no stéghen mai cior
[S. Fior fa rima con cior (prendere), anziché ad esempio con ‘amor’ (ma l'amore, la volontà e la scelta delle tose evidentemente non rientravano in certi - solo parodistici? - calcoli economici…)]; 1c(bl), 2b, 5b
94. Bon amigo - ciare volte
una rarità, l’amicizia vera; 1a, 1c
95. Bon marcà - sbraga la borsa
acquistare merce a buon mercato ti porta a dover rifare la spesa; 1a, 1c
96. Bon tàser - fa bon scrito
il silenzio, talvolta, è d’oro e procura elogi; 1a
97. Braẑ a l còlo - ganba a lèto
se vuoi che guariscano, braccia e gambe; 1a
98. Brođo đe pit - siròp de vit
mangiar (pollo) e bere (vino) come si deve, e via medicine o sciroppi!; 1a
99. Can che bàia - no mòrsega
chi usa sbraitare e minacciare non è tipo da passare a vie di fatto; 1c, 2b
100. “Can e vilan - no sèra mai la porta!” - “Bechi e siori - no i la sèra gnanca lori!”
a insulto, insulto e mezzo (contadino-villano-privo-di-educazione come i cani?; signori-animali cornuti come gli arieti); 1a, 1b, 2b
101. Can - no magna can
e, specie i 'can grossi', trovano sempre il modo d'accordarsi tra loro; 1b, 2b
102. Canta - che la te passa
non avvilirti, non recriminare, non prendertela: sù, reagisci e dimentica; 1a
103. Carestia fa fan - bondanẑa fa nausea
poveri noi, se persino l’abbondanza crea problemi…; del resto, non si dice che danno fuori di testa, I ẑavària - da massa contenti ?; v. 429; 1a, 1c
104. Carne bona - la é magnona
ti invoglia a mangiarne tanta; 1a
105. Carne cruđa - pesse còto
così volevano il palato e la salute; 1a
106. Carne vècia in becarìa - can o gat la porta via
un cliente o l’altro si accontenterà anche della carne meno pregiata (prima o poi la vecchia zitella troverà un marito di qualche sorta); 1a, 2b
107. Carpésega – résega - case piane - fémene rane
òmeni co l bèc - tosatèi co l sgnèc
[le rime sono così perfette, che nessuno potrà mettere in discussione quei… gentili paragoni con rane, volatili (bècco) e maialini (muso)]; 1c(bl), 5b
108. Carta canta - vilan dorme
'verba volant'; meglio atti e patti scritti [purchè siano trasparenti!]; 1a, 1b
109. Caval magagnà - lontan va a l marcà
dove, non conosciuto, può essere fatto passare per sano; 1b, 2b
110. “Caval, no stà morir - che l’erba à đa venir”
'aspetta e spera!…': il mondo è pieno di chi regala promesse; 2b, 3a
111. Chi à l suspèto - à l difèto
ed è il primo di cui bisogna diffidare, sospettare; 1a
112. Chi a quìndese no sa - a trenta no fa
è da giovani che si impara a esercitare il mestiere; 1a, 1c
113. Chi à soldi đa magnar - fabricar o litigar
le intraprese costose: costruire case o andar per avvocati e tribunali; 1a, 1b
114. Chi à tènpo - no spète tènpo
non procrastinare il da farsi: domani potresti non poter fare più nulla; 1c
115. Chi à tòrt - criđa pi fòrt
per creare confusione e impedire alle ragioni altrui di emergere; 1a, 1b
116. Chi barata - se inbrata
col baratto t'impegoli in affari incompiuti (meglio lo scambio in denaro); 1a
117. Chi bèlo non è - al se veste in cafè
il color caffè maschera meglio i difetti fisici; 1a, 1b
118. Chi bon vol parer - testa o panẑa à đa joler
eleganza e bellezza esigono sacrifici: mali di testa, diete spartane…; 1a, 1b
119. Chi che à điese tose - i le loga - Chi che ghen à una - i la foga
quando maritarle o meno significava collocarle, logarle o rovinarle; 1a, 1c
120. Chi che à un bon pra - l à un tesoro e no lo sa
prato, cioè foraggio, bestiame, latte, carne, letame, e ricchi prodotti; 1a, 4a
121. Chi che à un - no à nissun
chi ha un solo figlio è esposto a rischi, non ha sicurezza pel futuro; 1a, 1c
122. Chi che à un porẑèl - i lo lèva bel - Chi che à un tosat - i lo lèva mat
se si ha un unico maiale da allevare, lo si vede ingrassare a meraviglia; il figlio unico cresce viziato, senza regola e disciplina; 1a, 1c, 2b
123. Chi che đis che l vin fa mal - al é un òn da ospeđal
proclamano baldanzosi i bevitori impenitenti; poi si sa come va a finire; 1a
124. Chi che l é a quèrt có l piove - al é mat, se l se move
'Chi sta bene (al coperto), non si muova'; 1c, 4b, 6b
125. Chi che no capis né basto né brena - no val russarghe la schena né đarghe la vena
con certi uomini e cavalli recalcitranti e ribelli sono inutili sia il bastone (per accarezzare la schiena) che la carota (avena); 1c, 2b
126. Chi che no sa par chi pregar - preghe par chi che no copa porẑèl
con la carne del maiale si sfamava la famiglia d’inverno; 1a, 1d
127. Chi che no sa par chi pregar - preghe par chi che va via co l car
per le incognite della strada (e oggi? '24-ore' di preghiere!); 1c, 1d
128. Chi che stà mèjo - l é quel che l é mòrt
il quale non soffre più (a differenza di chi gli sopravvive); 1a, 1c
129. Chi che vol cior al pon - l à đa sbassar la rama - Chi che vol la puta - careẑe so mama
vuoi conquistare la tua bella (pomo)? devi ingraziarti la mamma; 1b, 1c, 3b
130. Chi che vol la morosa đ’istà - ghe paghe i fighi a l primo marcà
a inizio d'anno, alla prima occasione di incontro (mercato o sagra), il primo messaggio d'amore (preliminare che neanche le taccole dell'Anello di re Salomone del Lorenz…); dopo, il corteggiamento e il fidanzamento; 1b, 6c
131. Chi che vol patir le pene đe l inferno - i fae l fornèr đ’istà e l mulinèr đ'inverno
per caldo / freddo (e umido) in laboratori senza isolamenti e comfort; 1a, 6c
132. Chi che vol patir le pene đe l inferno - i vae a Trento đ’istà e a Feltre đ'inverno
dove l'afa e il freddo diventano proverbiali; 1a, 5b, 6c
133. Chi contenta un comun - no contenta nissun
chi vuole o tenta di accontentare tutti non accontenta nessuno; 1b, 1c
134. Chi đorme - no pìlia pessi
cioè le oppurtunità (e i pesci vanno ad altri); operosità / inattività; 1a, 1c
135. Chi é đe l’arte - stima l’opera
devi essere del mestiere, per capire e apprezzare certi lavori e opere; 1a
136. Chi é svelto a magnar - é svelto anca a lavorar
sempre che non si ingozzi, a tavola…; 1a
137. Chi fa ben - spèta ben - Chi fa mal - spèta mal
se li aspetta (legge psicologica) e gli spettano (per premio o castigo); 1a, 1b
138. Chi fa l prim - perđe l vin
chi vince il primo punto (o il primo giro, mano, round) perde il vino (o la posta in gioco, la partita); 1a, 1c
139. Chi fa pi đe mama - ingana
è presuntuoso o impostore chi dice od ostenta di prodigarsi più di una mamma (per i figli altrui); 1c
140. Chi firma par piaẑer - paga par đover
un favore (garanzia scritta sulla solvibilità altrui) può comportare l'obbligo legale di subentrare nel pagamento del debito della persona aiutata; 1b
141. Chi ghen à magna - Chi no ghen à varđa / se russa la castagna
nei fatti carità e solidarietà restano belle parole; ricchezza / povertà; 1b, 1c
142. Chi ghen fa - ghen trova
costruire, produrre: all'occorrenza…; intraprendenza / inerzia; 1a, 1c
143. Chi gnent fa - mal fa
non fai, non partecipi, non ti 'sporchi' le mani? fai male comunque; 1a, 1b
144. Chi inpasta - insaca
se sul terreno appena seminato la pioggia cade e impasta terra e semi, si raccoglieranno messi abbondanti; 1a, 3b, 4a, 4b
145. Chi la đura - la vinẑe
la spunta chi resiste, chi lotta, chi non si scoraggia; 1a, 1c
146. Chi la fa - la spèti
si aspetti un eguale trattamento (per giustizia o ritorsioni o vendette); 1b
147. Chi lavora par sé - lavora par tre
moltiplica l'impegno (e il rendimento); 1a, 1c
148. Chi lavora par sì - lavora nòt e đì
se è intimamente convinto, se agisce volontariamente…; 1a, 1c
149. Chi le pensa - le fa
chi arriva a concepire (attribuendole ad altri) certe azioni…; 1a, 1c
150. Chi li fa, no li magna - quel che li trova fati, li magna
chi li eredita già bell'e fatti (i soldi, i beni) sa solo dilapidarli; 1a, 1c
151. Chi lontan va a sposar - o che resta inganà o che vol inganar
'Moglie e buoi, nei paesi tuoi'; 1a, 1b
152. Chi lo sa far, lo magna còt - Chi no lo sa far, lo magna cru
la bontà dei cibi e i segreti della cottura; competenza / incompetenza; 1a
153. Chi mal pensa - mal fa
male, pel giudizio temerario formulato o per malvagità connaturata; 1a, 1c
154. Chi mistier no sa far - botega à đa serar
è meglio che chiuda il negozio e cambi mestiere, appunto; 1a
155. Chi more l mondo lassa - chi resta se la passa
tirando a campare; infatti si dice anche Chi more more - chi resta resta (basta i schèi par la festa!…): fatalismo e cinismo; 1a, 1c
156. Chi no à testa - à ganbe
se non fai attenzione o non prevedi a tempo debito, lavori di più; 1a, 1c
157. Chi no đesiđera - à tanto
e chi insegue tutti i desideri, sarà sempre un povero scontento; 1a, 1c
158. Chi no fa l grop - perđe l pont
il nodo in capo alla gugliata salva il punto della cucitura; previdenza / imprevidenza; perizia / imperizia; 1a, 1c
159. Chi no fa - no fala
sì a chi s'espone, rischiando di sbagliare, ma fa; no a chi critica solo; 1a, 1c
160. Chi no ghen à - no ghen dòpera
qua ci vuole testa (cuore, soldi, ecc.), ma se uno ne è sprovvisto…; 1a, 1c
161. Chi no le fa đa đóven - le fa đa vècio
nella vita prima o poi qualche pazzia bisogna combinarla; 1a, 1c
162. Chi no mesura - no la ghe đura
se oggi sperperi, domani farai la fame; previdenza / imprevidenza; 1a, 1c
163. Chi no more đe cuna - ghen suceđe senpre qualcheđuna
dalla culla alla tomba, una sequela di imprevisti e vicissitudini; 1a, 1c
164. Chi no òlsa - boca pòlsa
devi 'osar' chiedere/accettare, o resterai a becco asciutto, 'a riposo'; 1a, 1c
165. Chi no rìs-cia - no ròsega
rischia, se vuoi rosicchiare, guadagnare, ottenere qualcosa; 1a, 1c
166. Chi no se contenta đe l onesto - perđe l mànego e anca l ẑesto
se carichi eccessivamente il cesto (se vuoi troppo, se avanzi pretese smodate), perdi tutto; 1a, 1c
167. Chi no se indegna - fa la tegna
ingegnati o prendi la tigna; laboriosità, intraprendenza/neghittosità; 1a, 1c
168. Chi no tien cont de un schèo - no val un schèo
non è affidabile chi non sa risparmiare; risparmiare / sprecare; 1a, 1c
169. Chi par mar chi par tèra - salvéme đa la guèra
flagello assoluto, la guerra, ovunque comunque e per chiunque; 1c, 5a
170. Chi pi spende - manco spende
acquistare roba costosa, ma buona, in fondo è scelta di risparmio; 1a, 1c
171. Chi pol pi - piande manco
per certuni o in certe situazioni conta solo il potere; 1a, 1c
172. Chi prima no pensa - tarđi sospira
si rammarica quando non può più rimediare; prudenza/avventatezza; 1a, 1c
173. Chi primi va a l mulin - primi masna
ha la precedenza; conclude i migliori affari; solerzia / pigrizia; 1b, 1c
174. Chi riđe đe vèndre - piande đe đoménega
“Questa la sorte dell' umane genti?” (Leopardi)…; 1c, 6c
175. Chi rispèta - vien rispetà
[magari fosse sempre vero!…]; convivenza / prevaricazione; 1b
176. Chi ronpe đa vècio - paga đa novo
'lex, dura lex'; 1b
177. Chi salva la so pèl - salva un bel castèl
poiché oggettivamente la vita umana non ha prezzo; 1a, 1c
178. Chi sbàlia đe pié - paga đe borsa
un guaio (ma è almeno la logica del guidrigildo, non più dell'ordalia); 1b
179. Chi se contenta - gòđe
vero, a meno che non t'accontenti per rinuncia, rassegnazione…; 1a, 1c
180. Chi se lòđa - se sbròđa
coprendosi di ridicolo; vanaglioria / modestia; 1a, 1b
181. Chi se sposa par đanari - sposa liti e guai
coi parenti del coniuge, nel migliore dei casi; amore / interesse; 1a, 1b, 1c
182. Chi sguàẑa la festa - stenta i đì che resta
e i giorni feriali, purtroppo, sono numerosi…; 1c, 6c
183. Chi sparagna - gata magna
sì, risparmia; tanto, poi, qualche gatta ladra ti soffierà il gruzzolo!; 1a, 1c
184. Chi sprèẑa - cronpa
chi si sofferma a mettere in risalto i difetti di qualcuno o qualcosa…; 1a, 1c
185. Chi sta bene - non si muova
non si sa mai: può incappare nei guai; prudenza / audacia; 1a, 1c
186. Chi tase - conferma
acconsente a quanto viene detto o proposto; 1a, 1b
187. Chi toca - toca
“A chi la tocca, la tocca”, disse anche il Tonio manzoniano; 1c
188. Chi tròpo vuole - niente à
troppo, oltre il limite del possibile, del naturale, ad esempio; 1a, 1c
189. Chi va a l mulin - se infarina
e chi frequenta certi ambienti, ne resta segnato; 1a, 1c
190. Chi va a Roma - perđe la poltrona
e non può pretendere di occupare due posizioni vantaggiose; 1b, 1c, 5b
191. Chi va in lèt sènẑa ẑena - tuta la nòt se remena [ma Panẑa piena - no se pensa de quela vođa…]; 1a
192. Chi va in montagna - se i ghen porta, i ghen magna
la montagna è avara; 1a, 1c
193. Chi va pian - va san e va lontan - Chi va forte - va a la morte
e allora la velocità più pericolosa erano i 60 km/h del cavallo!…; 1a, 1c
194. Chi vivrà - veđrà
1c
195. Chi ẑerca - trova
perseveranza / rinuncia (nella ricerca di qualcosa); c'è anche chi cerca guai…; 1a, 1c
196. Ciàcole - no fa fati
a chi è specialista solo in chiacchiere; concretezza / astrattezza; 1a, 1c
197. Co gnent - no se à gnent
'Ex nihilo nihil'; 1c
198. Có i é pìẑoi, i bala su i đenòci - Có i é grandi, i bala su l còr
piccoli, ballano sulle ginocchia; grandi, possono straziarti il cuore; 1a, 1c
199. Có i nasse i é tuti bèi - có i se sposa i é tuti siori - có i more i é tuti santi
è tutto un teatro di lodi convenzionali, dalla culla alla tomba; 1a, 1b, 1d
200. Co i preti e co i sbiri - no bisògna mai intrigarse
mai inimicarsi autorità religiose e forza pubblica; 1b, 1d
201. Có i se trova su la sessantina - i se đomanda đoe che ghe jol - nò come che i stà
a una certa età i malanni sono di casa, 'duole' sempre qualche parte; 1a, 1c
202. Có la barca l'é fondađa - no ocore pi la sèssola
la sessola serve al marinaio per svuotarla dall’acqua, ma se la barca (l’impresa, l’istituzione) è ormai calata a fondo…; 1a, 1c
203. Có la é đestinađa - bisògna rassegnarse
quando si dice fatalismo…; 1c
204. Có l'é mađura l’ua e l figo - “Te saluđo amigo!”
adocchiano l' uva e i fichi e ti si fanno subito amici [poi, chi s'è visto s'è visto]; amicizia vera / opportunismo; 1a, 1b, 3b
205. Co la roba đe i altri - se stà poc a vestirse - manco a đespoiarse
detto dei vestiti, ma anche di ogni cosa o bene altrui; 1b, 1c
206. Co la scusa đe l mus - l à bevest anca l mulinèr
un pretesto (far bere l'asino) vale l'altro, per fare tappa all’osteria; 1a, 2b
207. Co l ciaro đe luna e co l lustro đe candela - no se pol stimar né đòna né tela
donna e stoffa, oggetti di esame equiparati, nella stima maschile; 1a, 1c, 6c
208. Có l é ora - l é ora
il tempo, come il destino (certe rese dei conti) procedono ineluttabili; 1b, 1c
209. Có l fea capèi - nassea fiói sènẑa testa
era così fortunato che, se si metteva a fabricare cappelli, i nuovi nati…; 1c
210. Co l leđan - se fa l pan
quanto utili, spesso, le cose schifate (letame) e disprezzate!; 1a, 1c
211. Come che se trata - se vien tratađi
'chi la fa, l'aspetti' [buono come deterrente, visto che La cossiènẑa i l'à sonada tre dì e tre nòt - e nessuni i l'à sentista, la campana che suona per tener desta la coscienza, troppo spesso non viene ascoltata] ; 1a, 1b
212. Co na fia sola - no se pol far đo đèneri
ma evidentemente c'è chi non si rassegna ad avere un solo genero (a controllare le proprie ambiziono, a limitare le proprie attese o pretese); 1a, 1b
213. Co na man - se lava chealtra
(co tute đo - se se lava l muso)
l'elogio del mutuo soccorso (e del rimboccarsi le maniche); 1a, 1b, 1c
214. Có nasse na tosa - canbial che scađe
prima o poi si sposerà e si dovrà far fronte al debito della sua dote; 1a, 1b
215. Có nasse na tosa - nasse tre lađri
complice la madre la figlia porterà via la dote, il genero la figlia; 1a, 1b, 1c
216. Có nasse na tosa - piande anca le formighe
consoliamoci: il passaggio dall’infanticidio degli antichi al lamento per la nascita di una femminuccia è comunque un bel progresso!…[le formiche? sembra che anche quelle preferiscano i maschietti in quanto, crescendo, non porteranno il grembiule come usano le donne, e mangiando lasceranno cadere a terra le briciole per loro]; 1a, 1c, 2b
217. Có no l é pi ganbri - bone anca le ẑate
la fame fa apprezzare le chele del gambero; abbondanza/penuria; 1c, 2b
218. Có no l é pi mati - al mondo finisse
è la volta che la società umana si estingue; 1c
219. Có no se pol bàter al caval - se bate la sèla
bella prodezza scatenarsi sul primo che ci capita sotto, anziché affrontare colui che ci ha messo nei guai ( e che, colpito, potrebbe reagire peggiorando la nostra situazione)!; 1a, 1c
220. Contađin - scarpe grosse e ẑervèl fin
è il cervello fino, l'intelligenza, la dote più apprezzata, a quanto pare; 1a
221. Conẑa đa golos - sala đa avaro
il bravo cuoco condisce molto, come un goloso, ma usa poco sale; 1a
222. Copar òmi e bàter cuche - l é tènp pèrs
uccidere, agitarsi per far cadere le noci, è stolto: ci pensa la natura; 1a, 1c
223. Corbanese - bel paese - (fabricà co piera e sassi - da quatro bèi ragassi - sbecotađi đa i pigòt!…)
blasone con la coda: alla lode si risponde con lo sberleffo (i giovanotti sono così bèi da sembrare tronchi d' albero bucherellati dal picchio); 1c (bl)
224. Corpo san - pissa spes come un can
un'esagerazione a scopo istruttivo; 1a, 2b
225. “Corpus Domini nostri Iesu Christi…”
(esser poreti e anca mal visti!)
in barba agli appelli alla comunione, fratellanza e carità cristiana; 1b, 1d
226. Có se vestisse un pal - salta fòra un garđenal - Có se vestisse na fassina - salta fòra na regina
sontuosità ed eleganza possono camuffare realtà ben prosaiche; 1a, 1c
227. Có te à le ẑuche - no te à l porẑèl
assurdità della vita (anche il caso inverso: hai il maiale, non le zucche); 1c
228. “Cređée…” l é mòrt - se fa pecà a menẑonarlo
“Credevo…” (tempo passato) è morto: è proibito evocare i morti (tentare giustificazioni a posteriori, una volta combinato il guaio); 1c, 1d
229. Créđeghe a tuti - no fiđarte đe nissun
apertura e disponibilità all’ascolto, ma prudenza e cautela, con tutti; 1b, 1c
230. Da i amiẑi me varđe Dio - che đa i nemiẑi me varđo io
talvolta gli amici veri e ben intenzionati possono farti tanto male; 1a, 1d
231. Dài incó, dài đoman - fin che son restà co l mànego in man
e ho capito la legge del tempo: tutto logora, tutto consuma, divora; 1a, 1c
232. Da la tèra la bèla vigna - da la mare la bona fia
Madre-Terra, Terra-Madre, terra-vigna, madre-figlia: immagini e sorti mirabilmente con-fuse; 1c, 3a, 4a
233. Da l Furlan - una đe bona no se pol spetàrsela
dal Friuli, da est, niente di buono [nel provocatorio motteggio del nostro blasone si insinua probabilmente anche la paura atavica delle invasioni da oriente, oltre che della fredda bora invernale]; 1c(bl), 5b
234. Da l ẑoc - se cava la stèla
dal ceppo proviene la scheggia; dalla stirpe l'eredità genetica; 1c, 3a
235. Da mariđar - le tira la grapa e l car - Mariđađe - grape đeventađe
col matrimonio, le gravidanze e i figli, anziché continuare a lavorare 'come treni' (prima 'trainavano' erpici e carri), le donne hanno a loro volta bisogno di venire aiutate a tirare avanti; 1a, 1c
236. Da novèl - tut l é bel
finché sono ammantate di novità, tutte le cose appaiono belle; 1a, 1c
237. De l bel tènp e đe la bona đènt - no se se stufa mai
bel tempo e buona gente non vengono mai in uggia; 1a, 6b
238. De l polo l volo - de l òc al còl - de l dìndio l passo
pezzi squisiti: l'ala del pollo, il collo dell’oca, la coscia del tacchino; 1a, 2b
239. Dènt ciari - fortuna fissa
denti radi, distanziati, sono segno di fortuna solida; 1a, 1c
240. De riva in dó - ogni santo juta
in discesa (dove non serve) qualsiasi santo è capace di soccorrerti; 1c, 1d
241. Desiđerar quel che no se pol ver - travien da poc saver
traviene, deriva da ignoranza e inesperienza; 1a, 1c
242. Dime lađro e assassin - no stame đir Cađorin
["Oh gran bontà de' cavallieri antiqui!": duellavano a suon di blasoni come questo, divertendosi a colpirsi nel gioco delle rime]; 1b, 1c(bl)
243. Ðioba entrađa - setimana andađa - (ma chi che no à gnent da magnar - l à ncora tre đì đa pensar…)
“Arrivato il giovedì, un’altra settimana è andata” (“Una parola…”, dice il povero, per il quale campare un giorno in più è una scommessa); 1a, 1c, 6c
244. Dio li fa - Dio li conpagna
dello stesso stampo: naturale che s'intendano tra loro, che si sposino; 1c, 1d
245. D’istà, ben lavà e mal stricolà - d’inverno, mal lavà e ben stricolà
d’estate, ben lavato e male strizzato, il panno; il contrario d’inverno (per non stare a lungo con le mani immerse nell’acqua fredda del fosso e perchè è più difficile asciugarlo); 1a, 6c
246. Doe che entra đòte - va fòra feliẑità
quando la dote occupa il posto preminente nel legame coniugale; 1a, 1c, 5a
247. Doe che entra l sol - no entra l mèđego
anzitutto prevenire le malattie: garantire luce, sole, sito salubre; 1c, 5a, 6b
248. Doe che l é canpane - l é anca putane
le campane ai luoghi abitati ma anche alle gonne [e i battacchi? ci sono, ma quelli non si vuole chiamarli in causa]; 1c, 5a
249. Doe che l é panegasse - l é anca Furlani
onnipresenti e invisi, come i passeri sulle messi [e come gli immigrati di turno] quand'erano poveri e in cerca di lavoro 'all'estero'; 1c(bl), 2b, 5a
250. Doe che no se vol andar - toca córer
se la sorte, se il destino ha stabilito così, è inutile recalcitrare; 1a, 1c, 5a
251. Doe l amor l é - la ganba tira l pié
la forza misteriosa che muove il mondo; 1a, 1c, 5a
252. Domandar l é lèẑito - rispónder l é creanẑa
screanzato è chi non risponde, non chi chiede; 1b
253. Dòna, dan e malan - par tut al tènp de l an
[di fronte a settenari così perfetti, con tanto di ritmo, rima e allitterazioni, si può forse pensare che il blasone non sia giustificato e che la massima non sia assolutamente vera?…]; 1c(bl)
254. Dòna nana - tuta tana
tutta casa [se lo dice il proverbio…]; 1c(bl)
255. Dòna pelosa - o mata o virtuosa
[stavolta poi è tutto chiaro, fatale, senza alternative…]; 1c(bl)
256. Dòne e buoi - ne i paesi tuoi
[e meglio ancora se metti loro una bella cavezza: non sei forse tu, uomo, il padrone?]; 1b, 2b, 5a
257. Dove l soldà va - na morosa à - Dove l soldà passa - na morosa assa
ovvio e naturale: un destino [per lui almeno]; 1b, 5a
258. Ðóven viẑioso - vècio bisognoso
[ma s'è mai visto un giovane che riuscisse ad immaginarsi vecchio, e per di più bisognoso?]; 1a, 1c
259. Drio l rìđer - vien al frìđer
o anche: Dòpo l riso - vien le pene [ma qui si gioca con le parole equivoche, passando dal ridere al risotto e dalle (penne delle) ali - servite dopo il primo piatto di riso - alle pene, al friggere]; 1a, 1c
260. Èsser poreti - no l é un disonor
ottimo, se il detto non viene dal ricco per mantenere lo 'status quo'; 1a, 1b
261. Fata la càpia - morto l osèl
gli scherzi della vita, l'ironia della sorte; l'uomo propone…; 1c, 2a
262. Fata la lèje - trovà l ingano
l’atavica sfiducia nella vittoria del diritto, delle leggi dello stato; 1b, 1c
263. Fenì la messa - fenì anca la candela
il fuoco pel sacrificio; l’energia per compiere un dato lavoro; 1c, 1d
264. Fiđarse l é ben - no fiđarse l é mèjo
fiducia sì, ma occhio ai possibili inganni o alle valutazioni errate; 1a, 1c
265. Fin a điese, i é tosatèi - có i à passà i setanta, i torna quei
oltre i settant’anni si torna bambini, deboli e non autosufficienti; 1a, 1c
266. Fin che friđon friđea - parenti e amiẑi coréa - Có friđon no friđea pi - amiẑi e parenti i vea fenì
quando il friggitore funziona, tutti gli corrono attorno; ma quando la padella è vuota…; 1a, 1c
267. Fin che l é tose - anden a morose - có se trata đe mariđarse - gnanca pensarse
amoreggiare? nessun problema; sposarsi? troppo impegnativo!; 1a, 1b
268. Fin che l pon no l é mađur - no l casca
occorre saper aspettare; dare tempo al tempo; tutto a suo tempo; 1c, 3b
269. Fioi e ninẑiói - no i é mai massa
avere molti figli era la norma; erano le lenzuola a scarseggiare; 1a, 1c
270. Fioi pìẑoi - pensieri pìẑoi - Fioi grandi - pensieri grandi
siete preoccupati per i vostri piccoli? aspettate che crescano…; 1a, 1c
271. Fiori e fruti - aẑetarli đa tuti - soldi e buẑolà - varđar come che se fa
doni non impegnativi? accettali; quanto a soldi e dolci, vacci cauto; 1b, 3a
272. Fòra l dènt - fòra l dolor
estirpare le cause dei mali; 1a, 1c
273. Frađèi cortèi - cugnađe spađe
se si odiano, arrivano ai coltelli, peggio che con gli estranei; nei rapporti reciproci possono farsi soffrire a sangue; 1a, 1b
274. Frate co l corđon - i afari i va benon
se lo incroci mentre intraprendi qualcosa, sarai fortunato; 1c, 1d
275. Fruti fòra đe stajon - ciàcole sènẑa rason
le chiacchiere a vuoto valgono quanto i frutti acerbi o deperiti; 1a, 3a
276. Furlani e panegasse - pregar Dio che no ghen nasse
Friulani [erano gli 'stranieri' per i Veneti del passato] e passeri fanno solo danno: ma che fa il nostro Padre eterno?!…; 1c(bl), 1d, 2b
277. “Furlan, magnene l to pan?” - “No ò mia fan…” - “Magnene đe l mé?” - “Sì sì: vée fan e no me ricorđé!”
“Mangiamo del mio (pane)?” “Sì sì: avevo fame e non me ne ricordavo!”
[canzonature campanilistiche sposate cogli scherzi della fame…]; 1a, 1c(bl)
278. “Ghen pòsselo la gata - se la maẑèra la é mata?”
se la massaia scriteriata ha lasciato il cibo alla portata delle grinfie gattesche, di chi la responsabilità del conseguente sgraffignamento?; 1a, 2b
279. “Ghe perđone a tuti - fòra che a i grop de olmo / de cassia,” l'à đita la piana, vanti morir
“Perdono a tutti, meno che ai nodi delle tavole di olmo / di acacia…”, disse la pialla al confessore, in punto di morte; 1d, 3b
280. Ghe vol diese mone - par mantégner un furbo
uno vive di rendita? è perché almeno dieci 'mone' lavorano per lui; 1a, 1b
281. Gnanca l can - no l mena la cođa par gnent
lo stesso dicasi per qualsiasi umano: se si muove, mira certamente a qualche obiettivo; gratuità / diritto a compenso; 1b, 2b
282. Gòt pien e capèl in testa - manda l mèđego a far festa
bicchiere pieno (pancia a posto) e protezione dalle intemperie; 1a, 1c
283. Gusti - i é gusti
ognuno si tenga i suoi e rispetti quelli altrui; soggettività/oggettività; 1a, 1b
284 I đifèti đe natura
se vive e se more e se i porta in sepultura
rassegnati pertanto a convivere con i difetti altrui come con i tuoi; 1a, 1c
285. I đóveni, i pol morir - i vèci, ghe toca morir
i casi della vita e la legge di natura; 1a, 1c
286. I fasoi - i fa le ganbe grosse
ti fanno crescere grande e grosso: su, mangiali, bambino; 1c, 3b
287. I mistieri - i é par tèra
i lavori si fanno coi piedi per terra: essere alti o bassi di statura non conta (chi ha buona volontà trova sempre qualcosa da fare); 1a
288. I nostri vèci… i se à magnà i salađi - e i ne à assà i spaghi
i vèci, i vèci… basta con le lodi: si son fatti fuori i salami (la miglior carne) lasciandoci solo gli spaghi con cui si legano (la miseria)!; 1a
289. I nostri vèci… i se à magnà i schèi - e i ne à assà i proverbi
hanno dato fondo a tutte le sostanze, hanno consumato tutto il gruzzolo; a noi per consolazione hanno lasciato… le sagge massime; 1a, 1b
290. I osèi - có no i à pi méi - i se bèca
i poveri (uccelli rimasti senza miglio da beccare) si aggrediscono; 1c, 2a
291. I osèi inte le frasche - i fiói inte le straẑe
madre natura: fronde protettrici per gli uccelli, fasce per i bambini; 1c, 2a
292. I pati ronpe la lèje
i patti tra privati rompono i vincoli di legge; 1b
293. I sartori co l vestì rot - i scarpèri co le scarpe rote
situazioni paradossali (il sarto che non ripara i propri vestiti); 1a, 1c
294. I s-cios e i slacài i era tuti conpagni na òlta – sol che a i s-cios ghe à tocà la casa e a i slacài la tèra
le chiocciole e i lumaconi erano tutti uguali, un tempo; in seguito, alle chiocciole è toccata in eredità la casa, ai lumaconi la nuda terra; eguaglianza / differenze sociali; 1b, 1c, 2b
295. I sògni - i é parènt de le scoređe
i sogni meritano identica considerazione dei peti [addio premonizioni!]; 1a
296. I soldi e la roba - mariđa la gòba
fanno miracoli… d’amore: fanno sposare anche chi ha grossi difetti; 1a, 1b
297. I ultimi a saverlo - i é quei đe casa
vorrebbero essere primi a sapere ciò che combinano i figli, invece…; 1a, 1c
298. In casa đe i galantòmi - prima le fèmene e đòpo i òmi
è constatazione o raccomandazione? osservare prima di rispondere; 1b
299. In casa đe i grèi - no regna i sbiri
i grilli e i rondoni vivono in mondi diversi, non sono fatti per convivere (idem le persone dai costumi e dai principi incompatibili); 1b, 2b
300. In lèt bonora e sù bonora - manda l mèđego in malora
la vita allora era comunemente regolata dal ritmo della luce diurna; 1a, 1c
301. ‘In vino veritas’
scopre i segreti o la vera natura delle persone; elimina le inibizioni; 1a, 1c
302. In ẑènto đe lori, che tira a casa - no i é boni a starghe đrio a un, che tira fòra
i guadagni e i risparmi di molte persone che lavorano in casa non bastano a coprire i dispendi di una sola abituata a sperperare; 1a, 1c
303. Incó se sbàlia - doman se se acòrđe
sbagli, pazzie e colpi di testa prima o poi li pagheremo; 1c
304. Inpara l’arte - e métela đa parte
istruzione ed esperienza ti torneranno sempre utili; 1a
305. Intant che la bèla se varđava… - la bruta se mariđava
quando maritarsi era realizzazione di sé e coronamento della vita; 1a, 1c
306. Intant che la nuìẑa la se invìa… - al carnaval va via
mentre la sposina sta ancora imparando l'arte…la festa è finita; 1a, 1c, 6c
307. Intant che l violin se incòrđa… - al carnaval va fòra
giovinezza, luna di miele, giorni lieti svaniscono prima che impariamo a goderli; 1a, 1c, 6c
308. Inutile sforẑar la màchina - quande che no la vol andar
specialmente la macchina-corpo, se è malata, se è priva di forze; 1a, 1c
309. Joẑa senpre su l gras - mai su l magro
gocciola, piove sempre sul terreno fertile (al povero non capita mai un colpo di fortuna, visto che Al diàvol - la fa senpre su l grun grant); 1c, 4b
310. L à đita Bartoldo che… - dòpo la piova - vien al bel tènp
la scoperta del secolo (buona comunque per chi si dispera se piove un po' più a lungo del solito); 1c, 4b, 6b
311. L abito - no fa l monaco
contano le scelte e lo stile di vita; 1a, 1b
312. L albero che no fa fruti - fa legne
è utile comunque, o per la stufa o per il lavoro (a maggior ragione vanno apprezzati gli esseri umani); 3a
313. L é anca i mus - che se soméja
sarebbe meglio non somigliarsi (e tanto meno vantare somiglianze); 1a, 2b
314. L é mèjo un omenat - che sète frađelat
meglio vivere con cattivi mariti che restar in casa coi fratelli, nubili; 1a, 1b
315. L é mèjo un ovo incó - che na pita đoman
un piccolo uovo (un qualsiasi bene) 'hic et nunc' è preferibile a una grossa gallina immaginaria; 1a, 1c
316. L é pi đì - che lugàneghe
darsi da fare per provvedere al futuro, e razionare i consumi: le salsicce (le riserve di cibo) nella dispensa non durano quanto la fame; 1a, 1c, 6c
317. “L é l ultimo gòt - che l me à inbrojà!”
disse il povero ubriaco, tradito ancora dall’ultimo bicchiere di vino; 1a, 1c
318. L onor đe la boca - poc al val e manco l costa
le autocelebrazioni a buon mercato vengono prese per quello che sono; 1a
319. L oro - l é senpre oro
per chiunque, ovunque e in rapporto a qualunque cosa; 1a, 1c
320. L ort al vien bel - sote l’onbrìa đe l paron
l’ortolano deve assicurarvi i suoi interventi e la sua cura quotidiana; 1a, 3a
321. L osèl in càpia - se no l canta đe gioia - al canta đe ràbia
e lasciamo che si sfoghi, tanto, sempre ingabbiato e uccello resta (come te, che pure ostenti allegria); 1c, 2a
322. L osèl vècio - inte la càpia nova - al torna cantar
qui uccello e gabbia vanno intesi soltanto in senso metaforico, pare; 1c, 2a
323. L ospite l é come l pes - dòpo tre đì l spuẑa
può essere gradito all'inizio, poi l'atmosfera diventa pesante; 1b, 1c, 2a
324. L osto l à đita che l vin - se pol farlo anca co… l’ua
si può ricavarlo anche dall’uva (oltre che dall'acqua, come fa lui…); 1a, 1b
325. L’aqua - la marẑisse i pai
fa marcire i pali di legno, dice l’amante del vino; 1a, 4b
326. L’arđeliva - có la é morta la torna viva
l’erba arzeliva appare morta (per la siccità estiva), ma poi torna viva (alla prima pioggia); 3b
327. L’erba cativa - no more mai
così i 'cattivi' di turno, in barba agli auspici o alle attese altrui; 1c, 3a
328. L’età - fa građo
età maggiore esige grado (precedenza, autorità, potere) superiore; 1a, 1b
329. L’ocasion - fa l òn lađro
prevenzione dunque, non solo repressione giudiziaria; 1b, 1c
330. L’ultima tenpestađa - la polenta senẑa fogo e đessaviđa
farla insipida e poco cotta equivale a subire la grandinata definitiva; 1a, 1c
331. L’union - fa la forẑa
nella storia ha imperversato anche l'altro motto: 'divide et impera'…; 1b, 1c
332. La barca che à bus - fa aqua
è ovvio; ma quanta gente non le vede, le falle (esempio economiche); 1a, 1c
333. La bèla đòna l’à pèrs la ròca
luneđì la va ẑercando
marteđì la trova rota
mercoldì la va setando
gioveđì la petenea la stopa
venerđì la carica la ròca
sabato co l fuso la se trastula
doménega no la fa nula
la donna vanitosa e fatua, al momento di mettersi a filare, scopre che ha perduto la rocca; impiega giorni interi a cercarla, a rendersi conto che è rotta, a rimetterla in sesto, a cardare la canapa (per levare la stoppa), a caricare la rocca (con la canapa da filare), a trastullarsi col fuso; infine, quando arriva la domenica, naturalmente non fa nulla; 1a, 6c
334. La bèla roba - la vien a l sol
i frutti pregiati vengono e maturano nei luoghi soleggiati; 1a, 5a, 6a
335. La boca no la é straca - fin che no la sa đa vaca
non si stanca di reclamare cibo finchè non ha assaggiato formaggio; 1a, 1b
336. La bolp la perđe l pel - ma nò l vìẑio
cambia pelo, ma sotto sotto la volpe resta sempre astuta predatrice; 1c, 2b
337. La carità fata anca a un sior - la à senpre l so valor
l’elemosina fatta a chiunque, persino a chi è ricco, resta meritoria; 1b, 1d
338. La cativeria e l vin bon - se trova inte le bot pìẑole
il vino pregiato nelle botticine, la cattiveria nelle persone basse; 1a, 1c(bl)
339. La creanẑa - la stà ben anca inte la casa đe l diàvol
a maggior ragione tra gente per bene si usino le buone maniere; 1b, 1d
340. La đòna - la à fata l diàvol
diabolica questa! la storia della costola d’Adamo non va proprio; 1c(bl), 1d
341. La é pìẑola - ma la é senpre na fémena
e farà anch’essa la sua parte di moglie e madre; 1a, 1c
342. La fa la bula, la fa la spròta - ma la so part la é đrio la porta!
è baldanzosa e spavalda; ma la sua parte di guai è fatalmente in arrivo anche per lei; 1a, 1c
343. La fan - l é l mèjo cogo che ghe sie
il cuoco migliore: induce infallibilmente ad apprezzare tutti i cibi; 1a, 1c
344. La fémena - o che la inpianta - o che la despianta
che la famiglia vada avanti bene o finisca in rovina, dipende da lei; 1a, 1b
345. "La ghe à passà anca a la Miranda - che la la vea pi granda!"
"La smania / collera è sbollita anche a colei che ne aveva più di te!…"; 1a, 1c
346. La lengua sènẑa òs - la se fa bàter đó par ađòs
è senza osso, ma può ferire e procurarti bastonate in risposta; 1a, 1b
347. La man destra - no la à đa saver quel che fa la sinistra
fa’ il bene, ma senza clamori e senza cercare riconoscimenti; 1a, 1b
348. A la matina l é pionbo, a meođì argento, a la sera oro
il vino, preso ai pasti evidentemente; 1a, 6c
349. La pianta che à massa fruti - no li mađura tuti
lo ricordi il potatore (e chi vuole programmare le nascite); 1c, 3a
350. La piova đe l Canséi - no la bagna gnanca un ẑei
se le nuvole provengono dal Cansiglio, la pioggia bagna sì e no un ciglio (per chi fa le sue previsioni meteorologiche dalla plaga pedemontana del Vittoriese); 4b, 5b, 6d
351. La pita ingorđa - ghe crepa l gòs
l’ingordigia gioca brutti scherzi (e non solo al gozzo delle galline); 1c, 2b
352. La prima la é na fachina - la seconda la é na regina
devono rimanere vedovi per imparare che la moglie non va trattata come una facchina…; 1a, 1b
353. La prima pita che canta - la à fat al ovo
il primo che si chiama fuori, è proprio lui l'autore della marachella; 1c, 2b
354. La pruđenẑa - no la é mai massa
mai troppa, tanto nel valutare quanto nel parlare o nell’agire; 1a, 1b
355. La roba đa nasar - la é senpre pi bèla
mentre perderà attrattiva se ci metterai il naso, vedendola da vicino; 1a, 1c
356. La roba đe i altri - fa magnar la soa
non rubare, se non vuoi cadere in disgrazia, andare in rovina; 1b, 1c
357. La roba inte un canton - no perđe mai stajon
metti in un angolo ciò che ora non ti serve: prima o poi tornerà utile; 1a, 1c
358. La roba la stà inte le braẑe - chi la vol se la faẑe
vuoi la roba anche tu? essa sta nelle tue braccia: datti da fare; 1a, 1c
359. La roba trovađa - la torna đrio la so strađa
non appropriartene (la perderesti comunque); 1b, 1c
360. La semènẑa lòra - ghe vol seteẑènto ani a ndar fòra
il seme difettoso (la stirpe geneticamente bacata) impiega 700 anni a rigenerarsi, a ridiventare puro [Hitler cercò d'abbreviare i tempi…]; 1c, 3a
361. La sera leoni - la matina pantaloni / cojoni
leoni nella veglia notturna, rincitrulliti al momento di lavorare; 1a, 6c
362. La superbia - la va via in caròẑa - e la torna casa a pié
non solo la sorte, anche la superbia può portare alla rovina; 1a, 1c
363. La tosa - che la piasa - che la tasa - e che la stae a casa
curi il decoro e il tratto, tenga a bada la lingua, non vada a zonzo; 1a, 1b
364. La vaca e l veđèl - i va senpre đ’acòrđo
madre e figlio formano un sodalizio naturale, fanno causa comune; 1c, 2b
365. La via đe mèđo - la é la pi justa
evitare gli eccessi!; 1a, 1b
366. La vita la é bèla! - (co i schèi in scassèla!)
lo slogan, la teoria va bene, ma senza i concreti schèi in tasca…; 1a, 1c
367. La vita la é massa curta - par béver vin cativo
perché ci si debba rassegnare a bere vino non pregiato; 'carpe diem!'; 1a
368. La vita la é un lanpo - la fémena un stanpo
è fatta a suo modo [non ci resta che piangere, considerato che siamo stati dalla donna 'stampati' o che con lei facciamo gli stampatori…]; 1c, 1c(bl)
369. Lagrime đe preti - suđor đe strađini - sangue đe s-cios
due cose mai viste e innaturali, come il sangue della chiocciola; 1c(bl), 2b
370. “Làuđete, merlo - che te à na bèla cođa!…”
“…ma sempre merlo resti (presuntuoso e vanesio)”; 1a, 2b
371. “Lavora, capèl - che te ò sposà par quel!”
disse la moglie al marito restio ad esempio ai propri… doveri; 1a, 1b
372. Lavori đe festa - va fòra par la finestra
il profitto da lavoro in giorni di festa (religiosa) è destinato a svanire; 1a, 1d
373. Le aparenẑe ingana
apparenza / sostanza; 1a, 1c
374. Le bestie par la caveẑa - i òmi par la parola
gli animali si tengono con la cavezza, tra 'uomini' basta la parola; 1b, 2a
375. Le braùre e le vache vèce
le ghe resta in man de i cojoni
le bravate e i beni svalutati ( come le vacche vecchie, sfruttate, non più commerciabili) sono cose proprie dei minchioni; 1a, 2b
376. Le bronẑe quèrte - le brusa le travèsse
le braci coperte bruciano (più ancora di quelle visibili) i grembiuli delle massaie che vi si avvicinano incaute (così le passioni dissimulate); 1a, 4c
377. Le busìe - le à le ganbe curte
non fanno tanta strada: vengono smascherate; menzogna / sincerità; 1a, 1c
378. Le busìe - le mantien le maẑarìe
la… pubblicità ingannevole fa campare i negozianti; 1a
379. Le đesgràẑie - có le scumìnẑia - bisògna vèrđerghe la porta
una tira l’altra, quando iniziano; 1c
380. Le fémene inte na casa - che le sie đispari - ma che no le rive mai a tre
[ma chi ha inventato allora questa benedetta convivenza di nuore suocere cognate madri e figlie?]; 1a, 1c(bl)
381. Le fortune le va a chi merita - (e le spelaẑađe a chi che le ciapa!)
i favori della fortuna bisogna meritarseli (i calci arrivano gratis!); 1b, 1c
382. Le marevéje le đura tre đì - e po l é tut fenì
sorpresa meraviglia e commenti in breve tempo cadono nell'oblio; 1a, 1c
383. Le montagne le stà ferme - i òmi i camina
perché meravigliarsi se questi cambiano sito, idea, posizione?; 1c, 4a
384. Le parole de la fia (de la mama) le onđe - le parole de la niòra (de la mađòna) le ponđe
sono balsamo, se dette dalla figlia / dalla mamma; sono sale sulla ferita, se dette dalla nuora / dalla suocera (poi in ogni caso ci si consola con quest'altra massima: Na parola no la é mal dita - có no la é mal capiđa); 1a
385. Le raẑe - le va đrio l’aqua
le anatre seguono il proprio istinto, cercano di rimanere nel loro habitat (ogni essere vivente è condizionato dalla sua eredità genetica); 1c, 2b
386. Le raẑe - no le va sù pa i talpon
non salgono sui pioppi; ognuno si comporta secondo la sua natura; 1c, 2b
387. Le se peta đrento - anca le scuđèle
immaginarsi se non 'si urtano' gli uomini, con tante passioni e interessi contrastanti che si portano dietro!…; 1a, 1c
388. Le ẑiese - no le à òci - ma le à rece
le siepi ostacolano la vista, non l’udito: prudenza, non si sa mai!; 1c, 3a
389. Luni i lunèri - marti i sansèri - mèrcol i nuìẑi - đioba i postiẑi - vèner i politi - sabo i sporchiti
lunedì vanno a 'morose' i lunatici, martedì i sensali, mercoledì i promessi sposi, giovedì gli instabili, venerdì i bene intenzionati, sabato i poco di buono (e domenica? tutti, naturalmente); 1b, 6c
390. “Magari l portèl de l ort - ma, un, vui sposarlo!”
lei vuole comunque un marito, valga pure solo quanto il… palo del cancello dell’orto; 1a, 1b
391. Magna bevi e gođi - ma no stà piantar ciòđi
ma di che chiodi si parla?; comunque un consiglio: 'carpe diem' o anche 'cogli l'attimo'; non lasciare conti in sospeso; 1a, 1c
392. Magna pura fasoi - ma tèndi i fati toi
bada ai fatti tuoi [quando si dice cultura di tipo anarcoide e individualista…; impegno solidaristico e/o partecipazione politica per il miglioramento della cosa pubblica sono rinviati ad altre massime]; 1a, 1b
393. Mai đir poc - se no l é inte l sac
mai dare per acquisita una cosa (specie i prodotti agricoli, esposti alle intemperie, ai capricci del tempo) se non la vedi già nel sacco; 1a, 1c
394. Mai far al pas pi longo đe la ganba
presumere, arrischiare oltre i propri limiti, fa cadere malamente; 1a, 1c
395. Mai far mal - par spetarse ben
il fine non giustifica i mezzi; fai male al prossimo? aspettati il male; 1a, 1b
396. Mai magnar tut quel che se à - mai créđer tut quel che i đis - mai far saver tut quel che se sa
tre regole di vita: risparmiare prevedendo i bisogni futuri, fare la tara a tutto ciò che si sente dire, confidarsi e aprirsi con prudenza (specialmente se si considera che La boca - se ghe la stropa solche a i sac - si riesce a tapparla solo ai sacchi -); 1a, 1c
397. Mai ndar lontan a l marcà - se no te vol un caval magagnà
colui che non conosci ti rifila cavalli acciaccati (merci difettate); 1a, 2b
398. Mai sentarse su le piere - inte i mesi che à la ère
la lettera erre è presente solo casualmente nei nomi dei mesi (pure in genaro), ma i malanni da freddo sono assicurati; 1a, 6c
399. Mal no far - paura no ver
se hai la coscienza a posto, non hai da temere nulla e nessuno; 1a, 1b
400. “Malađeta la prèssa!” l à đita l s-cios, cascà đó par tèra, dòpo tre đì che l se ranpeghea sù pal mur…
tutto è veramente relativo a questo mondo: anche la lumaca può rimproverarsi talvolta una fretta e una velocità eccessive; 1c, 2b
401. Mama bèa - na putèa
più bello il volto della gestante? il nascituro sarà femminuccia; 1a, 1c
402. Mama - e no pi altro
quando si dice mamma…; nessuno arriva all'altezza della mamma, nel rapporto con i figli, nel soddisfacimento delle loro esigenze; 1a, 1c
403. Mare morta - pare orbo
lei vedeva, coglieva le necessità e le attese dei figli; ora il padre va a tentoni, non è capace di fare altrettanto; 1a, 1c
404. Mare morta - polenta tarđi
i pasti saranno pronti in ritardo, per i figli (ammesso che arrivino); 1a, 1c
405. Mariđà - castigà
si poteva coniare una definizione del matrimonio più icastica?; 1a, 1c
406. “Mariđađi tuti đo inte un dì - dài ti, che te đarò nca mi”
e giù botte, in ‘par condicio’; 1a, 1b
407. Mariđarse l è un gran uso - se fa le ganbe ẑiape e longo l muso
col matrimonio si perdono vigore e spensieratezza, ma tant'è…; 1b, 1c
408. Mariđarse par contentarse - magnar sarđèle par stusar la sé
cerchi appagamento nel matrimonio? sei come colui che s'illude di spegnere la sete col pesce salato; 1a, 1c
409. Massa - l é massa
il troppo stroppia; 1a, 1c
410. Matrimonio in balo - matrimonio in falo
innamorarsi, scegliersi nelle 'peccaminose' sale da ballo? sbagliato; 1a, 1b
411. Mèđi, i đis mal lori đe noi - mèđi, dison mal noi đe lori
il 50% (loro) sparla di noi; l’altro 50% (noi) sparla di loro: e alè!…; 1a, 1b
412. Mèjo in casa na morta - che un Furlan drio la porta!
[peggio degli extracomunitari d'oggi, questi strani Friulani!]; 1c(bl)
413. Mèjo soli - che mal conpagnađi
nel mirino soprattutto il matrimonio e l’amicizia; 1a, 1b
414. Mèjo tarđi - che mai
per pagare, restituire, ricevere; capire, ravvedersi, arrivare, ecc.; 1a, 1b
415. Mèjo un àseno vivo - che un dotor morto
stringi stringi, cosa conta alla fin fine?; vita / morte; 1a, 1c
416. Merđa fa magna
dal letame alla fertilizzazione agricola alla produzione di alimenti; 1a, 1c
417. “Miseria, vutu panađa?” - “Se te me đà l cuciar…”
dalla povertà all'inedia, all'inattività; dall'incomprensione al disprezzo, al sarcasmo per i miseri (“Neanche il cucchiaio per la minestra [ricostituente di un tempo, preparato col semplice pane bollito] si procurano!…”); 1a, 1b
418. Moldi la vaca - fin che la s-cipa
mungendola fino alle ultime gocce, ne trarrai il massimo di latte giornaliero e continuerà a produrne più a lungo; 1a, 2b
419. Mòrt un papa - i ghen fa n’antro - mòrt un re - i ghen fa tre - mòrt mi - no i ghen fa pi
altro modo per dire che 'Chi salva la so pèl - salva un bel castèl'; 1a, 1c
420. Mur đe inverno - dura in eterno
il cemento fa più presa in questa stagione; 1a, 6c
421. Mus pađovan
asini, i Padovani [ma non erano 'gran dotori'?]; 1c(bl), 2b
422. Na alta e na bassa - fa na galiva
correggere le situazioni sperequate, riportandole in equilibrio; 1b, 1c
423. Na lìssia e na fornađa đe pan - no đura un an
il bucato e l'infornata di pane si ripetono ogni settimana; tutto passa; 1a, 1c
424. Na òlta core l can - na òlta core l gevro
oggi a me, domani a te; 1c, 2b
425. Na roba fata par forẑa - no val na scorẑa
perde valore; non viene apprezzata; volontarietà, spontaneità / imposizione, costrizione; 1a
426. Na roba parché la đure - o ben pagađa o ben regalađa
solo in questi casi la si tiene veramente da conto; 1a
427. Na tirađa đe bocal - guarisse đa ogni mal
[escluse il male dell’alcolismo, è ovvio (specialmente se si tracanna il benedetto vino dal boccale!)]; 1a, 1c
428. Na òlta a la setimana - la é na roba sana
na òlta a la quindesina - la é na međesina
na òlta a l mese - anca l curato đe l paese
(na òlta a l dì - pénseghe ti)
e chi ha orecchie da intendere, intenda, se può, questa 'massima'; anche se poi qualcuno, spregiudicatamente parlando, 'minimizza' tutta la questione con Na lavađa e na sugađa - come gnanca đoperađa; 1a, 1c, 6c
429. Na òlta se ẑavariea đa la fan - Incó se ẑavària đa massa passuđi
oggi si va fuori di testa non tanto per la fame, quanto piuttosto per eccesso di cibo (e di beni disponibili, e di consumi sconsiderati ); 1a, 1c
430. “Nasa, nas - che, boca, no ten toca!”
“Puoi ben annusare, naso, tanto a te, bocca, non ne toccherà una briciola”, dice chi si sente stuzzicare dal profumino del cibo destinato ad altri; 1a, 1c
431. Naso che pissa in boca - guai chi lo toca!
ha il naso aquilino: è un tipo [l]ombrosamente suscettibile!; 1a, 1c(bl)
432. Né fiói né ninẑiói né tovaiói - i é mai massa
programma matrimoniale: la dote (tovaglioli e lenzuola) e tanti figli; 1a, 1b
433. Né par tòrt né par rason - no farte méter mai in preson
meglio subire torti piuttosto che farsi giustizia da soli e finire in galera; 1b
434. Nessun nasse mèstro
esperienza e conoscenza si acquisiscono col tempo (e l’applicazione); 1a
435. No i la conta - se no i la đonta
nessuno sa raccontartela senza aggiunte personali; obiettività/veridicità; 1a
436. No l é amor - se no i se assa - e no i se torna cior
l'amore che passa per qualche prova riceve tempra e collaudo; 1a, 1c
437. No l é bel quel che l é bel - come che l é bel quel che pias
il bello è principalmente un fatto di gusto; soggettività / oggettività; 1a
438. No l é đa fiđarse - de chi che no se fiđa
perché chi à l suspèto - à l difèto; 1a
439. No l é đo - sènẑa tre
infallibilmente, fatalmente…; 1c
440. No l é mai na đesgràẑia - có no l é na fortuna
che cioè non sia vista o non comporti, sotto un diverso aspetto o per altre persone, una fortuna, un beneficio, un vantaggio; 1c
441. No l é mai pan sufiẑènte - par stroparghe la boca a l maldiẑènte
i maldicenti non scompariranno mai (neanche se li carichi di benefici); 1a, 1c
442. No l é na busa - sènẑa la so scusa
per ogni evento luttuoso noi ci perdiamo a disquisire sulle sue presunte cause (mentre l’unica certezza, rimossa, è l'inevitabilità della morte); 1a, 1c
443. No l é na casa đe onor - se no l é na pissađa đe murađor
l’onore: c’è pure qualcuno che, umanamente, lo riporta terra terra; 1a, 1c
444. No l é rosa - sènẑa spin
niente illusioni eccessive, a questo mondo; 1c, 3b
445. No l é sabo sènẑa sol - no l é đoménega sènẑa amor - (No l é prato sènẑa erba - no l é camisa sènẑa merđa)
dall’ispirazione poetica alla dissacrazione scatologica; 1c, 3a, 6b
446. No l é sabo sènẑa sol - no l é puta sènẑa amor
no l é tela sènẑa ragni - no l é aqua che no bagni
no l é nessun che Dio bandoni - pìẑoi grandi cativi e boni
la Natura e le sue leggi accostata alla Provvidenza e ai suoi interventi; 1c, 1d, 2b, 4b, 6b
447. No l é tut oro - quel che lus - (luse anca l schit de l ẑus)
apparenza splendida e realtà prosaiche (l'oro luccica, ma se è per questo luccica anche lo sterco - fresco - dell'assiolo); 1a, 1c
448. No l é un matrimonio - se no l é l so đemonio
il demonio delle infinite incomprensioni, litigi e tribolazioni; 1b, 1d
449. No se move fója - che Ðio no vója
tutto accade per volontà e secondo un disegno provvidenziale; 1d, 3a
450. No se se leva đe tòla mai - fin che la boca no sa đa formài
il formaggio è la sigla finale del pasto; 1a, 1b
451. No se se leva đe tòla mai - fin che no se sènt al gusto đe l formài
assaporare il formaggio è quasi un rito conclusivo del pasto; 1a, 1b
452. No state intrigar co i preti - no stà maltratar i vèci
la persona e la funzione dei preti è sacra, come il rispetto dei vecchi; 1b, 1d
453. No te menẑona l lovo
co no l é đa veẑin / đrio la ẑiesa
nominare il lupo (una persona) equivale a evocarlo, a farlo apparire; 1c, 2b
454. Nòtoi đa Ẑèneđa - Ravanèi đa San Giacomo - Formeniga - no me intrighe - Quei đa Cuẑol - i fa senpre quel che i vol
Cenedesi pipistrelli notturni; rapanelli di S. Giacomo; Formeniga: non m'immischio; a Cozzuolo fanno sempre ciò che vogliono; 1c(bl), 2b, 5b
Ai tempi di 'Don Camillo e Peppone' i ravanèi erano rossi par đe fòra [di sinistra] e bianchi par dentro [democristiani]
455. “O magna sta menestra - o fòra par la finestra”
questa, talvolta, è la possibilità di scelta che ti viene offerta; 1a, 1c
456. “O magna sto òs - o salta sto fòs”
il destino talora ti offre 'alternative' ben poco allettanti, ad esempio tra assoggettamento e annegamento; 1a, 1c
457. Ò tamisà Còle e Castèl - e ò trovà pi bula che garnèl
Quei đa Castèl - i à pi bula che garnèl
ho passato al vaglio gli abitanti di Colle Umberto e di Castello Roganzuolo e ho trovato più sciocchi che persone sagge (più pula che grano); 1c(bl), 5b
458. Ò tamisà Còle e Castèl - son restà co la bula inte l crivèl
ancora più generoso, questo blasone: solo pula, niente grano; 1c-bl, 5b
459. O tuti đe Ðio - o tuti đe l diòl
totalmente / tutti di qua o di là; a tutti lo stesso trattamento; 1b, 1d
460. Òc - co le verđe
un piatto speciale: oca alle verze; 1a, 2b
461. Òci mòri - val tesori - òci bisi - fa servisi - òci castagni - fa malani
[anche qui gli occhi son considerati 'specchio dell’anima', pare]; 1a, 1c(bl)
462. Ogni bel bal - al stufa
non si deve eccedere nemmeno in ciò che piace; 1a, 1c
463. Ogni đì nasse un truco - ogni đì nasse un cuco - (e beati chi che se lo cuca…)
i tranelli sono tanti e sempre nuovi, e anche i merlotti che ci cascano; 1a, 1c
464. Ogni paese - la so usanẑa - (ogni bunìgol - la so panẑa)
[la massima dell’ombelico smitizza la massima a cui è collegata, asieme ai proverbi in genere]; 1a, 1b, 5a
465. Òmo sine pecunia mortus est
'Homo sine pecunia mortuus est'; l'uomo privo di mezzi economici è un condannato a morte; 1a, 1c
466. Òmo visà - mèđo salvà
la mia parte l’ho fatta, mettendoti in guardia: ora ci devi pensare tu; 1a, 1b
467. Onora l fiol e la niòra - se nò i te para fòra
non vuoi farlo per rispetto alle persone che vivono con te? fallo almeno per evitare che ti caccino di casa, che ti abbandonino; 1a, 1b
468. Pa ndar a đarle ghe vol do sac - un par đarle e un par ciaparle
due sacchi, sempre, per chi va a menar botte; 1a, 1c
469. Pa ndar alti - ghe vol na scala anca a i grandi
chi è piccolo di statura non si senta menomato, e chi è alto non insuperbisca, visto che per salire in alto…; 1a, 1c
470. Paese che vai - usanẑa che trovi
apertura intellettuale, tolleranza e convivenza, dunque; 1b, 1c, 5a
471. Pan co l aj - e polenta co la xeo
pane e aglio; polenta e aceto [dove una preposizione (co, con) diventa congiunzione(co, quando) e aj e xeo equivocano con i verbi ho e c'è]; 1a
472. Pan e nos - magnar đa spos
considerata la credenza secondo cui le noci sono simbolo di fertilità; 1a, 1b
473. Pan e paron - stropa la boca
impossibile o proibito parlare, tanto meno protestare; 1b, 1c
474. Pan inprestà - pinẑa renduđa
chi riceve pane (un beneficio o favore) restituisca focaccia (dia in cambio ancora di più); 1a, 1b
475. Pan vin e ẑoche - e assa che l fiòche!…
la neve fiocca? niente paura: basta ci siano pane vino e ceppi…; 1a, 1c, 6b
476. Panẑa piena - no se pensa đe quela vođa
difficilmente il sazio si ricorda di chi ha fame; egoismo / altruismo; 1b, 1c
477. Par alt - no se ghe intriga a nessun
se si cresce in altezza non si crea intralcio a nessuno (in larghezza invece…); 1a, 1b
478. Par chi che se intende - e par chi che no se intende - se te à la camisa curta - i te veđe le faẑènde
gira e rigira, il problema è tutto nella lunghezza della camicia (nella reale disponibilità di mezzi), altrimenti compare la nudità (la miseria) ; 1c
479. Par đoe che la pica - la se revèssa
se il carico è sbilanciato, pende da un lato del carro, di là cade; se si nutre simpatia per una persona, a quella si riservano favori; parzialità / imparzialità; 1b, 1c
480. Par farme un amigo me basta un gòt - par conservarlo no me basta na bot
l’amicizia da osteria gira attorno al bicchiere di vino; quella solida richiede ben altro fondamento e rapporto; 1a, 1b
481. Par un trist - ẑènto patis
i condizionamenti sociali e l’ingiustizia della sorte; 1b, 1c
482. Parché l poret al magne na pita - o che l é malà lu o che l’é malada ela
normalmente alleva la gallina per le uova o per ricavarci qualche lira al mercato; 1a, 1c
483. Pare e paron - stropa la boca
i figli come i servitori: obbedire tacendo; 1a, 1b
484. Parènt co parènt - (e grami chi che no à gnent…)
i parenti [della famiglia allargata e del clan, s'intende, non delle attuali famiglie mononucleari] si aiutano tra loro (ma a chi non ha nulla, neanche i parenti danno una mano); 1b, 1c
485. Paribon - mor đa fan
non farti abbagliare dalle apparenze: dietro allo sfoggio di eleganza si cela la fame; 1b, 1c
486. Parlar 'in verbo' - parché l popolo no capisse
usa un linguaggio cifrato, non trasparente [il 'latinorum'] quando tratti questioni scottanti (o quando, in presenza di bambini che potresti scandalizzare, tocchi argomenti scabrosi); 1a, 1b
487. Parona inbriàga - polenta tarđi
padrona di casa ubriacona? la famiglia cenerà sempre tardi; 1a, 1c
488. Passà l sant - passà l miràcol
il santo, venendo avanti nella processione o nel calendario, può farti il miracolo (o portarti semplicemente la festa pel tuo onomastico, e i relativi regali): una volta passato (persa l'occasione propizia)… ; 1c, 1d, 6c
489. Pati ciari - amicìẑia longa
su franchezza e trasparenza si basa il legame saldo e duraturo (non sul 'volémosse ben'); 1a, 1b
490. Pecà vèci - penitènẑa nova
dai comportamenti/errori del passato i danni e le sofferenze attuali; 1b, 1d
491. Perìcol in mar - perìcol in tèra - perìcol su la barèla
non c'è salvezza per i mortali [e pensare che il barroccio era forse un po' più lento di un bolide Ferrari e dei suoi folli emuli] ; 1c, 5a
492. Pèrs al vin - persi i amiẑi
finito il vino da offrire, scomparsi gli 'amici'; 1a, 1c
493. Pesa just - e vendi caro
tieni alto i prezzi piuttosto che imbrogliare sul peso (lealtà col cliente); 1a, 1b
494. Pi bisògno - manco aiuto
'Parènt co parènt - (e grami chi che no à gnent…)', si dice sopra: nessuno li aiuta, questi ultimi; 1a, 1c
495. Pi che se la mìssia - pi la spuẑa
rivangare certe questioni è come rimestare la merda; 1a, 1c
496. Pianta ciaro - se te vol andar co l caro
disponi i semi (di granoturco, ma non solo) a opportuna distanza tra loro, se vuoi raccolti abbondanti, se vuoi riempire il carro; 1a, 3b
497. Piaẑeri - fa piaẑeri
la generosità è contagiosa; 'a chi dà, sarà dato'; 1a, 1b
498. Picađi a un ciòđo - ma qua
più tardi possibile all’altro mondo, a qualsiasi costo; vivere / morire; 1a
499. Piliapessi e piliaucèli - fano i fili poverèli
meglio coltivare campi: è meno aleatorio della pesca e della caccia; 1a, 1c
500. Pìlole đe galina - lagrima đe viđe
uova e buoni bicchieri (cibi semplici): vere pillole ricostituenti; 1a, 2b, 3b
501. Pìlole đe galina e siròp de cantina - manda via la međesina
ecco la giusta prevenzione e i rimedi salutari (altro che medici e medicine!); 1a, 2b, 3b
502. Pinẑar na sigareta incó - fumarla có l é đoman
solo accenderla, oggi: fumarla sempre e solo domani; 1a
503. “Pissa la mussa - pissa la santa - pisse anca mi”
è perfettamente nell’ordine naturale: niente più complessi dunque; 1a, 1c
504. Pitòst che roba rèste - panẑa crèpe
l'ingordo: "Lasciare una parte del cibo sul piatto o sulla tavola? Eh, no, meglio ingozzarsi!"; 1a
505. “Pitòst che te more ti - l é mèjo … che rèste veđovo mi!”
disse il marito, quasi quasi deciso al sacrificio estremo della vedovanza, pur di evitare… la propria morte; 1a, 1c
506. Pitòst de èsser poreti - l é mèjo no ver gnent
niente su cui gli altri possano allungare le mani; 1a, 1c
507. “Pitòst de lavorar - me ingiaẑe!”
“… resto inattivo e rincoglionito, a infreddolire”, disse il fannullone; 1a
508. Pitòst de morir - l é mèjo sentir đir
sentir parlare della morte (altrui) può essere spaventoso, peggio ancora sarebbe morire; 1a, 1c
509. Pitòst de sméter na usanẑa - l é mèjo brusar na vila
ciascuna tradizione antica merita di essere salvaguardata più di un'intera 'villa' [complesso residenziale non urbano nel Basso Impero romano, borgo o paesetto nel romanzo del Manzoni]; 1a, 1b
510. Pitòst de un vècio co la barba grisa - l é mèjo un đovenat sènẑa camisa
che na camisa se stà poc a farla - la barba grisa no se pol cavarla
meglio un marito giovane, sia pure non ancora 'sistemato'; [per il Marson la quartina faceva parte di un canto]; 1a, 1b
511. Pitòst de ver đa far co un naso rebecà - l é mèjo ver đa far co tuta na ẑità
procura più brighe un solo individuo dal naso aquilino che tutti quanti gli abitanti di un’intera città [vuoi vedere che Dante si è fatto esiliare per questa sua grave tara fisica?!…]; 1a, 1c(bl)
512. Pochi - ma che i se toche
meglio pochi denari, purchè incassati e tangibili, piuttosto che molti, se restano solo promessi; 1a, 1c
513. Pomo rosso - guasto in mèđo
bello, rosso, appetitoso, visto dall'esterno, ma dentro…; apparenza / sostanza; 1c, 3b
514. Pon de tèra e aqua đe mar - doe che i é stati, i vol tornar
il ciclo perpetuo dell'acqua e della vita (umana, animale e vegetale) sulla Terra; nessuno s'illuda di durare in eterno; 1c, 3b, 5a
515. Poreti e balegađi
il destino dei poveri: essere calpestati dalla gente 'bene' (e non solo); 1b, 1c
516. Poreti - ma galantòmi
possiamo rinunciare alla ricchezza, non alla rettitudine, all’onore; 1a, 1b
517. Prénder mòlie e cronpar cavai - recomandarse l’anima a Ðio
non sai cosa ti aspetta: solo Dio può preservarti dai possibili errori e dalle disgrazie conseguenti [beate le donne: anche se si maritano, non hanno evidentemente simili preoccupazioni!]; 1c, 1d, 2b
518. Prest e ben - no se convien
l’opera realizzata in fretta e furia non può riuscire perfetta; 1a, 1c
519. Prete in bareta - novità streta - prete in capèla - novità bèla
incrociare un prete: preannuncio di eventi spiacevoli o lieti; 1c, 1d
520. “Prima che i vermi i la magne - l é mèjo che i osèi i la bèche”
la paura di morire vergine; 1c, 2a
521. Puìna - pi che se ghen magna - manco se camina
la ricotta è povera di sostanze energetiche; 1a
522. Puta piaẑaròla - erba febraròla - marcantin de aj- inamorarse mai
la ragazza che ama esibirsi in pubblico e il venditore ambulante di aglio (di mercanzie di scarso valore) sono partiti da non considerare: offrono le stesse garanzie dell’erba che spunta fuori stagione; 1b, 3a
523. Quande che i santi se move - o che tenpesta o che piove
il santo lascia la nicchia ed esce portato in processione? qualcosa di straordinario sta per succedere (la persona cara si fa finalmente viva? “Miracolo!”, si grida); 1d, 4b, 6b
524. Quande che l corpo se frusta - l’anema la se justa
fin troppo facile, addirittura inevitabile, diventare virtuosi e saggi, quando le pulsioni e gli istinti perdono vigore; 1c, 1d
525. Quande che l sol tramonta - al poltron se inpronta
il pigro incomincia sempre tardi a muoversi, a lavorare; (non conosce il proverbio del falciatore Tra bàter e usar - l é ora đe đisnar: il tempo vola: hai appena affilato la falce, ed è mezzodì); solerzia/indolenza; 1a, 6a
526. Quande che l’aqua la toca l cul - tuti quanti inpara a nođar
prima di finire annegati, tutti si mettono a nuotare (gli scansafatiche, messi alle strette, si scuotono); 1c, 4b
527. Quande che la barba la trà a l grisin - assa la fémena e bùtete a l vin
la barba volge al grigio? lascia da parte la moglie, datti al vino [?!]; 1a, 1c
528. Quande che la loc la se trà a l barcon - tut al mondo l va đe rebalton
l’allocco (ma anche la ragazza civettuola che ama stare affacciata) al davanzale porta sventura; 1c, 2b
529. Quande che le scumìnẑia - bisògna vèrđerghe la porta
le disgrazie, è ineluttabile, non vengono mai sole; 1c
530. Quande che na merđa la monta in scano - o che la spuẑa o che la fa đano
così l’individuo inetto, quando sale ambiziosamente di grado; capacità / incapacità; 1a, 1c
531. Quande che na roba la sa đa puẑa - no stà méter mai al naso
non immischiarti nelle faccende che sanno di equivoco, di corrotto; 1a, 1b
532. Quande che se passa la ẑinquantina - se sente un dolorin ogni matina
e diventa più duro affrontare la giornata; gioventù bella / vecchiaia tribolata e triste; 1a, 1c, 6c
533. Quande che se sente la bona stajon - tute le brute le se buta a l barcon
è fatale che, ai primi tepori primaverili, le ragazze si mettano alla finestra, a sognare [e purtroppo,‘ipso facto’, se si permettono di farlo, le si bolla come brutte]; 1a, 1c, 6c
534. "Quande che son bagnađa - àsseme star che son malađa", l à đita la tèra
dice la terra del campo o dell’orto (che si deve lavorare e calpestare solo se è asciutta); 1a, 4a
535. Quei đa Belun - i à un braẑ lonc e un curt: - un par cior e un par đar
[un' altra canzonatura che si accredita chiamando in causa madre natura…] ; 1c(bl), 5b
536. Quei đa Borsoi - i đisna na òlta a le điese e na òlta a le đoi
[più che il doppio pranzo, si prende di mira la desinenza tipica (-oi) di quei parlanti]; 1c(bl), 5b
537. Quei đa Còle - co na pissađa i fa ndar tre mòle
un po' spacconi, i Collumbertesi: tre mole di mulino, nientemeno! [un fatto è sicuro: la rima funziona e …l'iperbolica provocazione pure; 1c(bl), 5b
538. Quei đa Ormèle - i fa l vin co le garnèle
con i chicchi d’uva che si staccano dal grappolo e finiscono a terra, i vendemmiatori di Ormelle riempiono le tinozze (ormèle): raccogli anche tu i chicchi, non lasciarli perdere; 1a, 1c(bl), 5b
539. Quei đa Pianẑan - i é larghi đe boca e streti đe man
se gli offri qualcosa non rifiutano mai, anzi; ma quando devono rimetterci del loro…; 1c(bl), 5b
539. Quei đa San Vendeman - quel che no i fa incó, i fa đoman
senza fretta, senza assilli; 1c(bl), 5b
541. Quel che fa la sìmia - fa anca l simiòt
chi scimmiotta… è uno scimmiotto; 1c, 2b
542. Quel che no se pol ver - se rifiuta
la favola della volpe e dell’uva; 1a, 1c
543. Quel che no suceđe inte un ano - pol sucéđer 'te un menuto
l’imprevisto è sempre in agguato; 1a, 1c
544. Quel che pensa pa i poreti - l à ncora đa nàsser
chiamata all'emancipazione politica dei poveri? o lamento rassegnato?; 1b
545. Quel che stà pèđo - no l vol morir
può star così male che peggio non si può, eppure… ; vivere / morire; 1a, 1c
546. Quel dì che se é contenti - se more
felici? un miraggio; se per caso una volta capita di esserlo… ; 1a, 1c
547. Quela che fila, porta na camisa - quela che no fila, la ghen porta đo
la giustizia di questo mondo: chi lavora ha poco (in dote), chi vive di rendita ha molto; 1b, 1c
548. Quela svejarina - la fa sù l let a la matina
quela cussì e cussì - la lo fa sù a meođì
la pitocata - la lo fa sù có la met dó la culata
alzarsi presto: il segreto per governare la casa; solerzia / pigrizia; 1a, 6c
549. Quòr contento - Cielo aiuta - (ma se l casca par tèra - al se ronpe la ẑuca…)
il saggio: “Contentezza e fiducia in Dio: tutto filerà dritto” (ma…); 1c, 1d
550. Riđe ben - chi riđe ultimo
se lo ricordi bene lo stolto / il presuntuoso che deride i suoi simili; 1b, 1c
551. Riso - al dente
calibrare la cottura: non deve scuocere; 1a
552. Roba anca chi che tien al sac
e viene condannato per furto anche il complice, al pari del ladro; 1a, 1b
553. Roba fa roba
ricchezza produce altra ricchezza; 1a, 1c
554. Ros de pel - ẑènto điàvoi par cavèl
ha i capelli rossi? diabolico!; 1a, 1c(bl)
555. Sa pi un mat i fati soi - che un savio quei đe chealtri
cautela quindi nell'esprimere valutazioni o giudizi su condizioni e comportamenti altrui; 1a, 1c
556. Sac vođo - no stà in pié
ma non soltanto il sacco: nemmeno chi è a stomaco vuoto si tiene su; 1a, 1c
557. Salute e schèi in scassèla - (e tènp de gòđerli…)
il ‘non plus ultra’ del gaudente (e la postilla del guastafeste…); 1a, 1c
558. San Donà - al dis la verità
il valore e la tipologia del dono rivelano la forza e la qualità del sentimento di chi dona; 1a, 1b
559. Sangue đa l mur - no se ghen cava
è inutile cercare la luna nel pozzo o sperare qualcosa da chi non ha nulla di buono da dare; 1a, 1c
560. Sàpeme granda - sólẑeme pìẑola - fòra la sapa - drento l solẑarol
il granoturco al contadino: “Zappami [solo quando ho messo salde le radici e sono già] alta, e scava il solco [rincalzami nella porca, quando posso ancora piegarmi senza spezzarmi sotto l’asse delle ruote dell’aratro solcatore e cioè] quando sono piccola, poco cresciuta: deposta la zappa, metti subito in azione il solcatore, senza por tempo in mezzo”; 1a, 2b
561. “Saraval lonc e stret - ogni porta l é l so bec!” - “Beneđeti đó đa voi - che ogni porta ghen é đoi!”
a motteggio motteggio e mezzo: un bécco in ogni casa, quassù a Serravalle? beati voi, laggiù, che invece ne tenete due!; 1c(bl), 5b
562. Saraval sènẑa confòrt - o che l piove o che l vènta o che l sona đa mòrt!
[più triste e lugubre di così…; il blasone non fa grande promozione turistica]; 1c(bl), 4b, 4d, 5b
563. Scarpa comođa e gòto pien - ciol le robe come che le vien
rassegnarsi? bere per dimenticare? fregarsene di tutto e di tutti? oppure accontentarsi dell'essenziale e godere di quel poco che si può (specie in tempi di tristezza e di penuria)?; 1a, 1c
564. Schèi fa schèi
'roba fa roba' (ma anche Peđòci fa peđòci: i pidocchi generano pidocchi (la miseria genera miseria); 1a, 1c
565. Schèi in cassa - grassa in cort - no val gnent
il denaro fermo sotto il materasso è sprecato, quanto il letame lasciato nella concimaia; 1a, 1c
566. Schèrẑa co i fanti - assa star i santi
'est modus in rebus': anche chi scherza deve rispettare le cose sacre; 1b, 1d
567. Schèrẑo bel - dura poc
altrimenti si trasforma in noia, in fastidio, in molestia; 1b, 1c
568. Schèrẑo đe man - schèrẑo đe vilan
questo tipo di scherzo non viene tollerato tra le persona educate; 1a, 1b
569. Scoa nova - scoa ben
detto della scopa, come di ogni arnese (e anche di chi li usa); 1a, 1c
570. Scotađi đa l’aqua calda - se à paura anca đe quela fređa
è la famosa legge del riflesso condizionato (anche nei rapporti sociali, nelle scelte e nell'azione); 1a, 1c
571. Se canbia mèstro e capèla - ma la musica la é senpre quela
cambia il direttore d’orchestra (colui che mena la pasta) e il luogo delle esecuzioni, ma a noi tocca sorbire la solita solfa (le solite leggi, regole, trattamenti, condizioni di vita, ecc.); 1b, 1c
572. Se canbia mulin - no se canbia muliner
un mugnaio vale l’altro: non illuderti di ricavare più farina o di spendere meno per la molitura, se porti il grano a un altro mulino (mulino-mugnaio; ma anche, se si vuole, parrocchia-prete, impresa-capo, ecc.); 1b, 1c
573. Se i afari va mal - al corpo no l à đa patir
‘primum vivere’: la vita e la salute innanzitutto; 1a, 1c
574. Se l é bon - un al basta - se no l é bon - un l é massa
il massimo che le donne dicono dei mariti, nei proverbi: solo uno…; 1a, 1b
575. Se l tosat l é san - se no l é incó, l é đoman
se è sano di corpo e d'animo, prima o poi tirerà fuori queste sue doti; 1a, 1c
576. Se l’inviđia fusse fèbre - tut al mondo ghen avrèbe
se si manifestasse esteriormente come la febbre (sintomo morboso quantificabile non occultabile) nessuno potrebbe fingersene immune; 1a, 1c
577. Se la đisna - no la ẑena
ha risorse sì e no per un pasto; oppure, ammesso che arrivi a campare fino a pranzo / a mezzogiorno, morirà sicuramente prima di cena / di sera; 1c
578. Se la mussa no l’à fat la cođa prima đe i quìndese ani - no la la fa pi
allo stesso modo gli uomini (spesso anch'essi recalcitranti come gli asini) si 'formano' da giovani; 1c, 2b
579. Se more quande che l Signor ne ciama
la nostra ora è imprevedibile (oltre che già scritta, segnata); 1c, 1d
580. Se piase l marito - piase anca l sito
come a dire anche la sua abitazione, il suo mondo; 1a, 1c
581. Se te ciapa na pelađa - te la ciapa senpre đa un mus ẑòt
sai da chi ti arriva il calcio, di solito? dall’asino zoppo, proprio da colui che ritieni inoffensivo e dal quale tu non ti guardi; 1c, 2b
582. Se te tien - no te castra
chi deve tener fermo l’animale non può contemporaneamente castrarlo;1c
583. Se te vol èsser un òn - fa đe l ben - che a far đe l mal - l é bon anca l porẑèl
qui ti voglio; qui, pare, sta la differenza tra l’uomo degno di questo nome e la bestia; 1b, 2b
584. Se te vol saver chi che son - varđa chi che pràtiche
attenzione alla scelta degli amici: ne va della nostra identità sociale; 1a, 1b
585. Se tuti i basi fusse busi - quanti busi su sti musi!
i baci per fortuna non lasciano dietro di sé questo tipo di tracce; 1a, 1c
586. Se tuti i bec i portesse un lanpion - mama mia, che inluminaẑion!
se i mariti traditi avessero lampioni al posto delle corna invisibili…; 1a, 1c
587. Se un l é massa bas - se ghe alẑa i tac a i ẑòcoi
troppo basso di statura? nessun problema: basta fornire tacchi più alti agli zoccoli e… oplà!; 1a, 1c
588. Senpre coràjo - mai passion - (crepa la mussa - e resta l paròn)
non bisogna abbattersi, non si deve disperare, di fronte alle disgrazie ('primum vivere', in ogni caso); 1a, 1c, 2b
589. "Sente caminar - no sò chi sia…" - "L é un Cađorin - Jesumarìa!"
Gesummaria, nientemeno [a proposito: e la fratellanza cristiana?! ma è solo un gioco, un blasone a carico dello 'straniero']; 1a, 1c(bl)
590. Senẑa pel e senẑa barba - anca Ðio se riguarđa
teniamoci alla larga dai tipi glabri [e pensare che per certuni i blasoni come questo erano una cosa seria…]; (bl), 1d
591. "Servitor, servissi ben - un che va, n’antro che vien!"
o ti comporti da servitore ligio e solerte o ti licenziano e ne assumono un altro; 1b, 1c
592. Soldi đe stòla - i va che i xòla
il denaro appartenente alla chiesa non si tocca: volerebbe via presto; 1a, 1d
593. Soldi e amicìẑia - sospende la justìẑia
i ricchi e gli amici degli amici riescono a sfuggire alla giustizia; 1a, 1b
594. Sora le scarpe nove - o prima o đòpo piove
alla legge del tempo non ci si può sottrarre; 1c, 4b, 6b
595. Sora, lustro e lis - sote, caca e pis
tanto trucco, tanto lustro, all'apparenza, ma se si va a guardare sotto…; 1a
596. Soto i colori - sta i đolori
il belletto (la bella apparenza) può nascondere delle magagne; 1a, 1c
597. Spiẑa a l cul - sagra a l inferno
prurito al culo? i diavoli sono in festa, laggiù; 1a, 1d
598. Spiẑa a l naso - na létera o un baso
prurito al naso? bella novità in arrivo; 1a, 1c
599. Sposa bagnađa - sposa fortunađa
viene la piogia il giorno delle nozze? allegra, sposa: il tuo matrimonio sarà fortunato; 1c, 4b, 6d
600. Stà lontan da la guèra - e đa quei che varđa par tèra
è pericoloso: tenersi alla larga da chi va sempre a testa bassa; 1b, 1c(bl)
601. Stòrđi la saca - fin che la é đóvena
piega il salciolo quando è fresco; l'uomo va 'formato' da giovane; 1c, 3b
602. Su la sessantina - assa la fémena e va in cantina
meglio consolarsi col vino, lasciando stare la moglie; 1a, 1c
603. Tarđi a la guèra - bonora a la fiera
arrivando presto al mercato, hai più probabilità di concludere gli affari migliori; quanto a partire per la guerra…; 1a, 1c
604. Te cređe đe èsser a caval - no te à gnanca l pié su la
stafa
ti illudi di essere in sella, sistemato, poi scopri di essere sempre a piedi; 1c
605. “Te l dighe a ti, fia - intendi ti, niòra”
disse la suocera che aveva qualche problema di intesa con la nuora; 1a, 1b
606. Te le robe đe casa - lengua rosa
devi parlare di cose di famiglia? usa prudenza, evita tinte e giudizi forti; 1b
607. Te neta l naso - te sporca la boca
non ne facciamo una di giusta, non ce ne va bene una, a 'sto mondo; 1a, 1c
608. Te scanpa đa l bò - la vaca te trà
sei riuscito a sfuggire alle cornate del bue, e ti trovi sotto la minaccia della mucca: eviti un pericolo, incappi in un altro (da Scilla a Cariddi); 1c, 2b
609. Te tien pa l spinèl - te spande pa l cocon
ti preoccupi di tener ben chiusa la spina piccola della botte e lasci uscire il vino per il grosso cocchiume; risparmiare badando agli spiccioli / spendere e spandere senza misura; 1a, 1c
610. Tèra mòra fa bon pan - tèra bianca fa paltan
nel pantano non si coltiva né si raccoglie (metaforicamente: meglio bruna, la moglie, non bionda); 1a, 4a
611. Testa no jol - se stòmego no vol
è il cibo in eccesso o maldigerito che fa dolere la testa; 1a, 1c
612. “Tien duro, boton - fin che te sé fòra đe l porton!”
“Basta che non ti stacchi, bottone, finchè non sarai fuori dalla porta (poi se la vedrà chi ha acquistato l’abito)”, disse il sarto; detto di lavori mal rifiniti, di merce difettata, rifilata all'ignaro cliente; 1a, 1b
613. “Tiente in bon, ẑest - che te à un bon mànego!”
dedicato al solito fatuo che si è montata la testa per qualche suo presunto attributo (il cesto resta comunque un povero arnese ); vanità / umiltà; 1a
614. Tira pi un pel de f… - che un pèr đe bò
più di una coppia di buoi, forza motrice per antonomasia; 1c, 2b
615. Tomaso no l cređe - fin che no l mete l naso
non mi fido, voglio toccare con mano, come l’apostolo Tommaso; 1a, 1b
616. Tòni, Nani e mus - ghen é par tuti i bus
nomi molto diffusi, vilipesi dal detto col richiamo agli (un tempo) onnipresenti asini; 1c(bl), 2b
617. Tos de istà - te porta a l sagrà
la tosse contratta d’estate non va sottovalutata: se non la curi ti manda a farti benedire, al cimitero; 1a, 1c, 6c
618. Tosa đa mariđar - debito đa pagar
è la dote che porterà in sposa il debito che si dovrà prima o poi onorare; 1b
619. Tosatèi e colonbi - sporca le case
defecando (o, i primi, rivelando ingenuamente i segreti familiari); 1a, 1c, 2b
620. Tra i đo litiganti - al terẑo gođe - (e chi che ciol de mèđo - le ciapa…)
chi s'intromette tra i litiganti ha molte probabilità di buscarle…; 1b, 1c
621. Tre calivi fa na piova - tre piove fa na montana - tre feste đa bal fa na putana
ballo-mania o ballo-fobia? mah, un tempo c'era forse un po' di confusione, di nebbia (di calivo) sotto il cielo, a questo proposito; 1c, 4b, 6b
622. Tre fémene e un pignat - al marcà l é fat
tre donne e un focolare: la babele, tipica del mercato, è garantita; 1b, 1c
623. Tre fémene inte na casa
una viva - una morta - e una picađa đrio la porta
possono coabitare a un patto: che la seconda sia morta e l'altra presente solo in effigie; 1b, 1c
624. Tre robe đifìẑili - sèlier un bon melon - cronpar un bon caval - cior na bona fémena
il melone può rivelarsi insapore, il cavallo inaffidabile, la moglie cattiva; 1a, 1c
625. Tre sòrt de vìvar - viveret viveron viverat
si può vivere in tre modi: stentatamente magnificamente disonestamente; 1c
626. Trenta mulinèri trenta butighieri e trenta favri - i é novanta lađri
non ce n’è uno che faccia eccezione, stando a questo blasone [specie per il contadino che vive in economia di sussistenza e deve periodicamente lasciare nelle loro mani parte delle proprie scarse risorse]; 1a, 1c(bl)
627. Trevisan - rađicion
e mangiano radicchi veramente blasonati, per la verità; 1c(bl)
628. “Tronba đe culo - sanità đe corpo - jùteme mi - se nò son morto!”
(“tronbeta, culo - se nò te sé morto!”)
un po’ di shietto realismo, ogni tanto, non fa cascare il mondo; 1a, 1c
629. Tut al mondo - l é paese
anche se da un'altra parte si assicura che ogni paese - la so usanẑa; 1b, 5a
630. Tut riva par chi che sa spetar
per chi sa aspettarsi dalla vita ciò che essa può effettivamente dare; 1c
631. Tute le scuse le é bone - pa l mal de panẑa
si simula il mal di pancia per dissimulare la pigrizia, per non lavorare; 1a
632. Tute le strađe - le porta a Roma
'le vie del Signore sono infinite' e non rientrano in schemi rigidi; 1c, 5b
633. Tute le tère le é bone - par chi che sa lavorarle
producono in base alla perizia del colono (così in ogni professione); 1a, 4a
634. Tuti ghe jol su l soo
tutti sono sensibili (e reagiscono) ai colpi inferti al 'loro' corpo (o ai loro interessi); 1a, 1c
635. Tuti i grop - i riva a l pèten
prima o poi la tessitrice deve fare i conti coi nodi dei fili dell’ordito che fatalmente incappano nel pettine del telaio (e ognuno di noi dovrà immancabilmente vedersela con i suoi problemi irrisolti); 1a, 1c
636. Tuti i mati - i fa i so ati - (e mi che son Matìo - fae l mio!…)
e anch'io (Mat…teo) rivendico il diritto di compiere le mie pazzie in barba alle tue repressive critiche; 1a, 1c
637. Tuti i mati - i fa i so ati - (ma có l é sera - i se đespera!…)
vuoi concederti colpi di testa? alla resa dei conti te ne pentirai…; 1a, 1c
638. Tuti i mus i se soméja
solo che i somari (diversamente dagli uomini) non si vantano delle loro somiglianze…; 1c, 2b
639. Tuti i sa quel che bóje inte la so pignata
sanno cioè quello che bolle, porta turbamento nella loro famiglia (ma non sanno mai bene ciò che succede in quelle altrui); 1a, 1c
640. Tuti i salmi i fenisse in “Gloria…”
gira e rigira, si torna sempre al… punto; 1c, 1d
641. Tuti i se gòđe a véđer al mat in piaẑa - (basta che no l sie đe la so raẑa!…)
ci piace lo spettacolo in cui qualcuno è preso a zimbello, a meno che il malcapitato non sia dei nostri; 1a, 1b
642. Tuti i te mesura su l so braẑolar
tutti giudicano gli altri col loro metro [col loro braẑolar, unità di misura di circa 60 cm]; 1a, 1c
643. Tuti i tira aqua a l so mulin
tutti cercano il proprio vantaggio, come il mugnaio che devia la corrente del fiume verso il suo mulino…; 1a, 1c
644. Tuti i Tòni - i é boni òmi - (tuti i mone - i à nome Tòni…)
[botta dell’incauto e risposta del provocatore; pelo e contropelo]; 1c(bl)
645. Tuti ven i nostri đifeti
è autocritica, ma può fungere da richiamo o critica per i presuntuosi; 1a, 1c
646. Tuti ven la nostra crose
le disgrazie, i guai, i crucci non capitano solo a te (perché non la smetti di lamentarti?); 1a, 1c
647. Un bel balar - l é quande che i sona
come a dire che l'apparato e il contesto adatto moltiplicano il piacere del divertimento, del gioco; 1a, 1b
648. Un biondo e un moro - na còpia đ’oro
sposandosi, formeranno una coppia perfetta; 1a, 1b
649. Un bocon de polènta - al se lo guađagna anca l can - a menar la cođa sote la tòla
e se lo dai a un cane, perché non anche a un povero cristiano?; 1b, 2b
650. Un capèl - no l é fat par na piova sol
tienlo da conto: deve durare e servirti ancora: le piogge torneranno; 1a, 4b
651. Un ciòđo caẑa l altro
le preoccupazioni, i crucci nuovi cacciano i vecchi (almeno questo!); 1a, 1c
652. Un fa đa un - do fa par tre
due persone che collaborano realizzano lavoro per tre; chi invece è solo…; 1a, 1c
653. Un indòs - un 'te l fòs - un picà - un serà
l'antica regola per la dotazione e la gestione degli abiti: uno indosso, uno a lavare, uno pronto all’uso e uno riposto nell’armadio; 1a, 1b
654. Un lavoro ben fat - no i te đimanda mai quant che te sé stat
una constatazione: nessuno obietta sul tempo impiegato a realizzare un capolavoro; o un lamento: nessuno chiede quanta fatica t'è costato; 1a, 1b
655. Un, no l é đa đar - do, no i é đa cior - tre, i é đ’amor - (quatro, i é đa mato - ẑinque, da inamorato)
gesti e riti di chi offre, accetta o regala: se ne offri uno solo (fiore, dolce, ecc.) passi per spilorcio; se approfitti dell’offerta per prendertene due, sei sfacciato; se ne regali tre…; quando si dice linguaggio dei fiori; 1b
656. Un òcio a la fassora - un òcio a la gata
quando cucini, sta' attento anche a chi può sottrarti la carne (a chi vuole impadronirsi del frutto del tuo lavoro); 1a, 2b
657. Un pal dret e na fémena đestirađa - tien al mondo in pié
gìrela e vòltela come vuoi: la vita esige questo rito primigenio; 1a, 1c
658. Un pare mantien diese fiói - diese fiói no i é boni đe mantégner so pare
divenuti adulti (e irriconoscenti), non provvedono al padre inabile; 1b, 1c
659. Un poc e un poc - fa un tòc
risparmia, risparmia: con la costanza puoi tirar su un patrimonio; 1c
660. Un poc par un - no fa mal a nissun
la distribuzione o l'attribuzione di carichi e di beni secondo equità e giustizia; 1b, 1c
661. Vache đa montagna - fémene đa canpagna
brutalmente equiparate come semplici 'mezzi di produzione' e macchine da riproduzione nel mondo agricolo…; 1a, 1c(bl), 2b, 5a
662. Val pi la pratica - che la gramatica
la teoria e le chiacchiere / l’esperienza concreta e l’azione pratica; 1a
663. Val pi un dì đe alegrìa - che ẑènto đe malinconìa
cerca ragioni di contentezza: reagisci alla depressione, all’umor nero; 1a
664. Val pi un franco guađagnà - che zènto regalà
dà gratificazione psicologica e consapevolezza del valore del denaro; 1a
665. Val pi un garnèl de péver - che un stronẑ de àsen
le grosse dimensioni di una cosa possono trovarsi abbinate a una sostanza misera; 1c, 2b
666. Vanti la morte - no se sa la sorte
nessuno può prevedere ciò che gli riserva il destino; 1c
667. Varđando l é un cont - sonando l é n’antro
facile guardare e giudicare: prova tu, a suonare (a operare)!; 'tra il dire e il fare…', o anche Se điscore lu - fermar la mussa intant che la core! (una parola (facile a dirsi) bloccare l'asina lanciata nella corsa…); 1a, 1c
668. “Varđé, òci - che, boca, no ten toca!”
“Guardate, occhi…”, disse colui al quale era inaccessibile o vietato un cibo appetitoso; 1a, 1c
669. Vàrđelo ben vàrđelo tut - l òn sènẑa schèi come l é brut
orribile [il povero, oppure il proverbio?] nella antica versione latina: 'Homo sine pecunia imago mortis', brutto come la morte; 1a, 1b
670. Vècia tosa - pantegana rabiosa
[la solita espressione di galanteria, la più squisita e magnanima…]; 1c(bl), 2b
671. Venèẑia bèla - Pađova so sorèla - Conajan canpana - Ẑèneđa vilana - Belun trađitor - tuti i sansèri lađri i é đa San Fior
veleno in coda: sensali ladri [il colmo dell'insulto pei contadini]; 1c(bl), 5b
672. Verđe speranẑa - (chi che no ghen à - se grate la panẑa…)
dalle belle parole ai fatti: chi non ne ha (da mangiare) non si aspetti aiuto dal prossimo; 1b, 1c
673. Veta longa - mistra mata
la sarta maldestra lavora con gugliate lunghe: il filo le si torce, formando cappi e nodi, e la più ampia estensione del braccio a ogni punto di cucitura le fa perdere tempo prezioso nel lavoro; 1a
674. Vin da Càneva - castagne đa Rùgol - tose đa Montanèr
[il 'non plus ultra': tutti prodotto d.o.c.]; 1c(bl), 3b, 5b
675. Vin inte l brènt - vin de tuti i parènt - vin inbotà - de chi che lo à
nel Dizionario del dialetto di Vittorio Veneto di E. Zanette andar a brent significa "andare a bere il vino nuovo, prima della svinatura, nelle case dei contadini, portando affettato e pane”; 1a, 1b
676. Vin pan e legne - assa che i vegne
vino pane e legna (per cuocere e scaldarsi) non ce n’è mai di troppo; 1a, 1c
677. “Vin vinèl - te me fa đeventar mat al ẑervèl!”
dice il bevitore, tutte le volte che si ritrova tradito dal vino; 1a, 1c
678. Visentini - magnagati
mangiatori di gatti; 1c(bl)
679. Vita e đolceẑa - par quìndese đì - e poi e poi… - dèbiti e fiói
prima la 'luna di miele', breve breve; poi debiti, e figli da tirar su; 1a, 1b, 1c
680. Vivi - e assa vìver
autonomia e libertà, rispetto e tolleranza; 1a, 1b
681. Voltàndose indrìo - se veđe chi che stà pèđo
mentre a guardare ai più fortunati, si diventa invidiosi e scontenti; 1a, 1c
682. Voẑe đe popolo - voẑe đe Dio
dove la voce è il 'verbo', la sentenza, il giudizio di tutto il popolo; 1b, 1d
683. Ẑena longa, vita curta - ẑena curta, vita longa
tenersi leggeri, alla sera; 1a, 1c
684. “Ẑènt e ẑènt fa đosènt - chi che à đa ver, se tegne a mènt - che se pa i đebiti no i me pica - i vae farse un gonèl lori e la so carta scrita!”
"Al diavolo creditori e ricevute!”, disse il debitore irresponsabile, che va tenuto ben d'occhio; 1b, 1c
685. “Ẑènt pi ẑènt fa đosènt - chi che à đa ver, se tegne a mènt - cior sù đa un, cior sù đa n'altro - e no pagar né l un né l altro.
Far cussì, fin che se vive - e chi che resta i se đestrighe!”
cinica o sarcastica apologia di chi punta a campare coi soldi altrui; 1b, 1c
686. Ẑènto mesure - un tai sol
così devono fare la sarta o il falegname per non rischiare di rovinare la stoffa o l’asse da tagliare); 1a
687. Ẑènto pensieri - no paga na đèbita
calma e gesso: se ti disperi non migliori la situazione economica; 1b, 1c
688. Ẑinque schèi đe mona in scassèla - no i va mai mal
devi sempre portare in tasca uno spicciolo di mo…destia , da tirar fuori all'occorrenza; sbaglia chi crede di saperla sempre lunga; 1a, 1c
689. Ẑòt e ros - mai no ghen fos
[veri pericoli pubblici, sti zoppi e sti rossi di capelli: li eliminiamo?]; 1c(bl)
Proverbi su l tènp e l calendario
paremiologia calendariale
690. A l mese đe genaro - la brava filaressa la porta le Sète a ponaro
fila fino a notte fonda, fino al tramonto delle (sette) Pleiadi; 1b, 6a
[Per che sapeva osservarlo, l' orologio celeste segnava il tempo della veglia e del sonno, del lavoro e del riposo. L'esistenza umana era sintonizzata con gli eventi cosmici e molti proverbi sono il concentrato delle osservazioni millenarie riguardanti I mòti đe l ẑiel, de l sol, de la luna e đe le stele (e magari anca l tènp che fa e/o la vita e i lavori che ghe va đrio), de ano in ano, de stajon in stajon (co le so 'Feste'), de mese in mese, de setimana in setimana, de đì in dì (co i so santi), de đì e đe nòt, de ora in ora, cioè i Fenomeni astronomici (ed eventuali connesse vicende meteorologiche, e/o loro relazioni con gli eventi ciclici della vita umana, animale, vegetale e del lavoro) e cadenze temporali e calendariali - vedi 6a, nel prospetto illustrato nella Posfazione; vedi anche Epilogo, pp. 391-3, ne Il mulino di Amleto di G. de Santillana ed H. von Dechend, citato in bibliografia]
691. A l ẑinque đe april - al cucuc l à đa venir
se no l vien entro i òto - o che l é preso o che l é morto
se no l vien entro i điese - l é pèrs par le ẑiese
se no l vien entro i vinti - l é pèrs pa i forminti
se no l vien entro i trenta - al pastor lo à magnà co la polenta
il cuculo normalmente ritorna dalla migrazione ai primi di aprile; 2b, 6c
692. A la fiera đe santa Lucia - chi che no à gnent da far no stae ndar lavìa
al 13 dicembre la giornata è cortissima e il tempo inclemente; 1b, 5b, 6c
693. A la Mađòna đe l Rosari - la bròsa no par pi đa strani
il 7 ottobre la brina non è più un evento strano; 6b
694. A le nove - o che sola o che piove
ora in cui [poiché lo impone la rima, si suppone] fa bello o fa brutto; 6b
695. A Nađal - le ẑuche le va đe mal
restano sane e commestibili al massimo fino a Natale; 3b, 6c
696. A ndar inte l ort al dì đe la Sènsa - i bis i magna la semenẑa
il giorno dell’Ascensione (VI domenica dopo Pasqua, festa mobile) non si mette piede nell’orto: i parassiti si moltiplicherebbero e divorerebbero i semi [scienza popolare? superstizione?]; 1c, 2a, 6c
697. Agosto inpanocisse - setenbre inmađurisse
ogni mese, con lo specifico clima, svolge la sua funzione nella formazione e nella maturazione delle pannocchie di granoturco (e altri prodotti); 3b, 6c
698. Agosto - la maẑèra la se ciapa inte l orto
si fa sorprendere dall'imbrunire: le ore di luce diminuiscono forte; 1a, 6c
699. Agosto - mòlie, no te cognosso
per evitare nascite e puerperio nei mesi di forte impegno lavorativo?; 1b, 6c
700. Al caldo e l fređo - nessun lupo lo magna
sono inevitabili; 1c, 2b, 6b
701. Al pigòto par i òto - o che l canta o che l é morto
il picchio, migrando, torna a farsi sentire attorno all’8 di aprile; 2b, 6c
702. Ano bisèst - ano sènẑa sèst
anno bisestile: dissesti nel tempo, nei lavori, nella vita in genere; 1c, 6b
703. April - piove sète volte a l dì
la pioggia a intermittenza ne costituisce la nota caratteristica; 6b
704. Aprile - dolce đormire - ucèli cantare - alberi fiorire
aprile: apertura della bella stagione e rifiorire della vita; 1a, 2a, 3a, 6c
705. Aprile - non ti scoprire - parché maj - non sai come che fai - (maj - varda come che fai ) - (majo - va ađajo)
attento alle variazioni del tempo, ai colpi di coda del freddo; 1c, 6c
706. Aprile - prima l piande e đòpo l riđe
pioggia e sole si succedono spesso nell’arco della medesima giornata; 6b
707. Canta l cucuc - canta l merlo - drento l istà - fòra l inverno
l’equinozio cade al 21 marzo, ma i suoi effetti si colgono meglio in aprile, quando la natura si risveglia [in campagna le stagioni possono essere ridotte a due, sostanzialmente, come nel primitivo calendario]; 2b, 6c
708. Capo đe l ano - primo đe genaro - vintiquatro setimane - e avanti, sesolaro!
al solstizio d’estate, momento culminante dei lavori agricoli, il grano è maturo: preparati dunque, mietitore, con la tua brava messora!; 1a, 3b, 6c
709. Chi che vol un bel ajo - lo piante in calènt de febraio
vuoi aglio bello grosso? piantalo in luna calante, a febbraio; 1a, 3b, 6a
710. Chi varđa la luna - no ghen fa gnanca una
i lavori e le scadenze nel corso dell’anno sono infiniti e urgenti: volerli combinare sempre con le fasi e gli influssi della luna significherebbe ritardare continuamente le attività; 1a, 6a
711. Có la vien da la montagna - ghen vien na castagna
la pioggia riempie al massimo un guscio di castagna (tant'è vero che Có la vien da l Canséi - no la bagna gnanca un ẑei, come dice il n. 350, mentre Có la vien da la bassa - ghen vien na tassa); 5c, 6b
712. Có le fulische le va a sera - polenta pien caliera - có le fulische le va a matina - ciol sù l sac e va a farina
se le faville dei falò della vigilia dell’Epifania vanno a ovest, è segno che ci sarà abbondanza; se vanno a est, ci sarà carestia e bisognerà andare a elemosinare farina; 1c, 4c, 5c, 6d
713. Có piove đa san Simon - tre montane e un montanon
piove il 28 ottobre (o giù di lì)?: piene e alluvioni garantite; 4b, 6d
714. Da i Santi - par bon i guanti
ai primi di novembre il freddo riporta di moda i guanti; 1b, 6c
715. Da i Santi - par bon vestiđi tuti quanti
abiti più pesanti per tutti, e non solo per 'ben figurare'; 1b, 6c
716. Da i Santi - serar le bot par béver in tanti
il vino non fermenta più: travasalo e tappa bene le botti; 1a, 6c
717. Da la Ẑiriòla - la jaẑ la se smòla
il 2 febbraio (Candelora) il ghiaccio inizia a sciogliersi; 4b, 6b
718. Da Nađal - un pié đe un gal - da Pasqueta – na oreta
il dì s'allunga: di poco a Natale, di un’ora circa all’Epifania; 6a
719. Da Pasqueta - inbeverarle vanti che lève l sol - se te vol che le perđe l pel
abbeverare le mucche all’alba per favorirne la muta del pelo [la notte dell’Epifania era ritenuta magica: certuni credevano anche che i bovini 'parlassero' tra loro nella stalla]; 1c, 2b, 6a
720. Da san Bartolomìo - ciol sù la falẑ e va a raspar sù đa đrio
verso il 24 agosto, ultimo taglio annuale dell’erba (è bassa e scarsa: occorre rastrellarla bene!); 1a, 6c
721. Da san Bartolomìo - ciol sù la falẑ e va con Dio
sperando che, dopo l’arsura estiva, ne sia ricresciuta, di erba; 1a, 1d, 6c
722. Da san Bartolomìo - la piova petàrsela inte l dađrìo
attaccarsela sul didietro: è tardi perché vivifichi l’erba e le coltivazioni; 6b
723. Da san Bartolomìo - le ẑìlighe le torna indrìo
riprendono la migrazione ai luoghi da cui sono venute in primavera; 2b, 6c
724. Da san Bastian - va su l mont e varđa l pian - se te veđe tant - spera poc - se te veđe poc - spera tant
previsioni del 20 gennaio: annata ottima se c’è foschia, altrimenti… ; 5c, 6d
725. Da san Beneđet - la ẑìliga la é sote l tet
rondini… [21 marzo: s. Benedetto nel vecchio calendario liturgico]; 2b, 6c
726. Da san Duane - le more le casca đa le rame
intorno al 24 giugno le more del gelso sono ultramature; 3b, 6c
727. Da san Gregorio papa - le ẑìlighe le passa l’aqua
al 12 marzo [vecchio calendario lit.] le rondini attraversano il mare; 2b, 6c
728. Da san Luca - al ton al va inte la ẑuca
al 18 ottobre il tuono (e il temporale) perde forza, non si sente più; 6c
729. Da san Marco - le vache le fenisse l pàscol
dopo il 25 aprile stanno in stalla: se continuassero a pascolare nei prati, calpesterebbero l'erba fresca, danneggiando il primo sfalcio, e, peggio ancora, rischierebbero d'ammalarsi all' intestino; 2b, 6c
730. Da san Martin - castagne e vin
l’11 di novembre si banchetta(va) con i prodotti di stagione; 1b, 6c
731. Da san Martin - l òn al varna la fémena e l so fantolin
a san Martino il marito accudisce a moglie e figli; 1b, 6c
732. Da san Martin - se vestisse l grando e anca l picenin
è finita la stagione mite: d'ora in poi servono vestiti pesanti, per tutti; 1a, 6c
733. Da san Nicolò - se instala la vaca e l bò
intorno al 6 dicembre finisce anche il pascolo (al monte) dei bovini; 2b, 6c
734. Da san Piero - la biava l'à đa tocar la panẑa a l puliero
il granoturco va seminato per tempo: per arrivare a produrre grosse pannocchie, intorno al 29 giugno i suoi cauli devono essere alti almeno quanto le gambe di un puledro; 1a, 3b, 6c
735. Da san Pòlo - la jaẑ la ronpe l còlo
verso il 25 gennaio il ghiaccio è scivoloso: attento all’osso del collo; 4b, 6c
736. Da san Ròco - le nosèle le assa l bròco
intorno al 16 agosto le nocciole si staccano dal mazzo dei malli; 3b, 6c
737. Da san Simon - la fémena la guarna l òn
il 28 ottobre la moglie accudisce al marito [una specie di 'festa del papà'?]; cfr. n. 731; 1b, 6c
738. Da san Tomè - se slonga un pié
attorno al 21 dicembre il dì si allunga in misura minima; 6a
739. Da san Valentin - la gaja la porta l spin
la gazza porta stecchi pel nido (e gl'innamorati si scambiano regali); 2b, 6c
740. Da san Valentin - mèđo pan e mèđo vin - (e un tèrẑ de fien par al bovin)
al 14 febbraio, per affrontare tranquillamente l'ultina parte della cattiva stagione, si deve poter disporre ancora del 50% delle risorse invernali di cibo e del 30% del fieno per i bovini; 1c, 6c
741. Da san Valentin - ogni mat l à pan e vin - da san Valentin ignà (in là) - beati chi che ghen à
fino al 14 febbraio chiunque, per quanto sprovveduto e incosciente, dispone di riserve invernali di cibo; più oltre, e fino alla bella stagione, fortunati coloro che ne hanno ancora; 1a, 1c, 6c
742. Da san Valentin - piantar al ẑegolin
intorno al 14 febbraio ricordati di piantare le cipolle; 1a, 6c
743. Da sant’Andrea - le cuche le se smalutéa
al 30 novembre le noci si staccano dal mallo; 3b, 6c
744. Da sant’Andrea - le feđe le sbareghéa
al 30 novembre le pecore ritornano dall’alpeggio, belando; 2b, 6c
745. Da sant’ Urban - al formènt l à fat al gran
al 25 maggio la spiga del frumento è già ben formata; 3b, 6c
746. Da sant’ Urban - assa la marina e varđa l Furlan
per le previsioni del tempo, osservare il cielo a est, non più a sud; 5c, 6d
747. Da santa Gnese - al fređo l va par le ẑiese
al 21 gennaio il freddo colpisce anche le siepi; 3a, 6c
748. Da santa Gusta - le nosèle le se smaluta
al 22 agosto le nocciole si staccano dal mallo; 3b, 6c
749. Da santa Justina - al fređo se veẑina
al 26 settembre il freddo comincia a farsi sentire; 6c
750. Da santa Maria Mađalena - la nose la é piena
al 22 luglio la noce presenta il gheriglio già formato; 3b, 6c
751. De le Pate no me ne curo - basta che san Paulo no vae via scuro - (se scuro verà - sarà quel che Dio vorà)
se il 25 gennaio fa bello, posso infischiarmi delle previsioni formulate secondo il metodo delle Pate (se invece farà brutto, alzo le mani…)[far le Pate: osservando l'andamento del tempo giorno per giorno, dal I al 12 gennaio e poi dal 13 al 24 dello stesso mese, e facendo la media tra il tempo del I e del 13, del 2 e del 14, del 3 e del 15, ecc., si facevano le previsioni annuali, sul tempo cioè che avrebbe fatto rispettivamente nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, ecc.]; 1c, 1d, 6d
752. De marẑ - no vegnesse gnanca na pissađa đe gat!
sarebbe bene, per la vita dei campi, che in marzo non piovesse affatto; 6c
753. De ogni đì vien Nađal - de marti Carnaval - de đioba vien la Sènsa - e bèi mati chi che ghe pensa
Natale cade in qualsiasi giorno della settimana; l’ultimo giorno di Carnevale viene di martedì; l’Ascensione di giovedì [un tempo, quando la Chiesa la celebrava il 40° giorno dopo Pasqua]; e coloro che si sforzano di capire l’arcano di queste regole calendariali diventano matti; 1c, 6c
754. Ðioba entrađa - setimana andađa
quando arriva il giovedì, la settimana è (come se fosse già) finita; 1c, 6c
755. Ðioba insacađa - doménega bagnađa
giovedì il sole tramonta tra le nubi come in un sacco? domenica pioverà; 6d
756. Ðioba inte un sac - doménega inte un lac
giovedì tramonto del sole in un sacco: domenica piogge e allagamenti; 6d
757. Dio no vója - che sie Pasqua sènẑa fója!
il ritardato risveglio primaverile reca danni all’agricoltura; 1d, 3a, 6c
758. Doe che va l sol al dì đe la Ẑiriòla - va anca la neve
se alla Candelora fa bello, seguiranno giorni di freddo e di neve; 6d
759. Fata la luna đe febraro - primo marti l é Carnavaro
il martedì successivo al plenilunio di febbraio inizia il Carnevale; 6a
760. Febraio febraieto - curt curt e malađeto
è un mese disgraziato per il maltempo e i connessi malanni fisici; 6c
761. Febraio sut - pan da par tut
febbraio asciutto: frumento e pane in abbondanza; 3b, 6d
762. Febraro febraruẑ - ogni ano l so becuẑ
ogni anno porta con sé i primi beccucci delle gemme; 3a, 6c
763. Febraro - mena l cođaro
il bossolo in cui si porta il tronchesino (inizia la potatura delle viti); 1a, 6c
764. Febrèr - sbrođeghèr / febròt - sbrođegòt
mese infausto (intemperie, disagi, penuria di cibo e malattie); 6c
765. Fin da la Mađona - la é senpre bona - da san Bartolomìo - petàrsela inte l dađrìo
fino al 15 agosto (Assunta) la pioggia è benefica; al 24 agosto è inutile; 6c
766. Fin da san Valentin - i fiói i se rebalta l baldin
fino al 14 febbraio i bimbi hanno frequenti mali di pancia (specialmente se poco vestiti, come capitava normalmente, tra i poveri); 1a, 6c
767. “Fìs-cia pura, Furlan - che la panèra la é piena!”
“Fischia pure, vento friulano [bora?], tanto, la madia è piena!”: è la sfida lanciata dal contadino (che è stato previdente) di fronte all’avanzare minaccioso della cattiva stagione; 1a, 4d, 6b
768. Genàio đe i gat - febràio đe le pite - marẑo đe le feđe - aprile par i boi - jùnio par noi
per gli accoppiamenti di gatti, gallinacei, ovini, bovini e umani [tenuto conto, per questi ultimi, dell’epoca più opportuna per il parto e per far fronte alle esigenze di cura dei nati?]; 1c, 2b, 6c
769. Genàio fređo e sut - fa végner đe tut
se freddo e asciutto, nei campi si produce molto e di tutto; 3a, 6c
770. Giugno - la falẑ in pugno
per il secondo , e più impegnativo e più ricco, sfalcio dell’erba; 1a, 6c
771. Giugno - trà đó l cođegugno
fa caldo: smetti, butta via il giubbetto pesante; 1a, 6c
772. Jùnio vèrđe le porte - a le đornađe curte
dopo il giorno del solstizio d'estate, ovviamente; 6a
773. I tenporai đe sant’ Antòni - i fa tremar i òmi
i temporali che si scatenano verso il 13 giugno sono spesso devastanti; 6c
774. In montagna - có l é bel - jacheta e capèl
anche se fa bello, portati giacca e cappello: non si sa mai…; 1a, 5a, 6b
775. In setènbre - le ẑuche le fa le so faẑènde
le zucche si sviluppano prevalentemente nel mese di settembre; 3b, 6c
776. L’istađèla đe san Martin - dura tre đì e un pochetin
attorno all’11 novembre tornano le giornate miti, ma solo per poco; 6c
777. La bèla roba - la vien a l sol
i prodotti pregiati si trovano nei posti soleggiati; 1a, 6c
778. La matina - l' à l oro in boca
ma se stai a dormire perdi le occasioni di procurartelo; 1a, 6c
779. La montana đe san Bartolomìo - se no la vien davanti la vien da đrio
prima o dopo il 24 agosto capitano sicuramente pioggia e allagamenti; 6c
780. La prima piova đe agosto - rinfresca l pian e l bosco
mette fine alla calura estiva; 6c
781. Luna in pié - marinar sentà
la luna con l’arco verticale promette bel tempo: il marinaio naviga tranqillo; 1a, 6a
782. Luna setenbrina - sète lune inclina (sète lune la ghe ingiovina)
dal tempo del novilunio di settembre, si pronostica per i successivi sette; 6d
783. Marẑ - inpólvera!
marzo (ventoso e secco) solleva polvere; 4d, 6c
784. Marẑ, marẑ - inpégheme l cul e nò l mostaẑ! - (ma chi è đe bèla forma - in majo ritorna)
“Marzo, marzo, con le tue lentiggini imbruttiscimi il sedere (che non si vede), non il viso!”, supplica la bella; “In ogni caso chi ha bella carnagione, in maggio ritorna in forma”, la consola l'esperto; 1a, 1c, 6c
785. Marẑ - pié đescalẑ / ogni mat va đescalẑ
marzo: si comincia ad andare scalzi / quelli che sono un po' matti; 1a, 6c
786. "Marẑo, marẑura - de l inverno no ven pi paura!" - "Però son ndat in prest da me conpare avril - e te fae morir le feđe ancora su l masonil!…"
“Se tu, marzo, ti comporti da par tuo, non ci preoccupiamo più dei rigori invernali!”, dice il pastore.”Attento, però”, ribatte marzo. “Ho preso in prestito qualche giornata dall' amico aprile per portarci il mio imprevedibile tempo da lupi, e ti faccio morir di freddo le pecore, mentre sono ancora raccolte nello stazzo!”; 1c, 2b, 6d
787. "Merlo cođèrlo - sa fatu ti là?" - "Mi cante, mi sùbie - mi spète l istà!"
il merlo, quando fischia, preannuncia l'arrivo dell'estate; 2b, 6c
788. Mes de maj - sète volte marendai - e ancora no me ricorđai
in maggio si ha sempre fame, per quanto si mangi; 1a, 6c
789. Montagna ciara e marina scura - te pol caminar sènẑa paura
farà bello: puoi viaggiare e andar nei campi sicuro, la pioggia non verrà; 1a, 5c, 6d
790. Montagne đa veẑin - piova đa lontan
appaiono vicine (limpidezza dell’aria)? niente pioggia questo giorno; 5a, 6d
791. Mora mađura - galeta sicura
in giugno, quando le more del gelso maturano, i bachi da seta fanno già il bozzolo; 2b, 3b, 6c
792. Nađal a l fogo - Pasqua a l đogo
davanti al fuoco, in famiglia; fuori all’aperto a giocare con gli amici; 1b, 6c
793. Nađal fređo no fa - maje đ’istà
non fa freddo a Natale? indosseremo maglioni d’estate; 1a, 6d
794. Né đe vèner né đe marte - no se sposa né se parte
pei superstiziosi: né matrimoni né viaggi, o saranno disgrazie; 1b, 1c, 6c
795. Nebia bassa - bon tènp lassa
la nebbia è a livello di terreno? sarà seguita da bel tempo; 6d
796. "Nespolo bèlo - patron de Rinaldo - parché no vientu bon (maturo) - có l tenpo l é caldo?"
"Parché mi no vegne bon - fin che l fređo no me toca: - aspro in man - e molesin (morbido) in boca!"
la nespola diventa matura, morbida in bocca, nella stagione fredda; 3b, 6b
797. Neve đa san Romualdo - agosto sarà caldo
neve al 19 giugno, afa insopportabile in agosto; 6d
798. No l é mai Carnaval - par chi che no lo fa
a dispetto del calendario, della tradizione e della voglia di divertirsi; 1b, 6c
799. No vien Pasqua a l mondo
se đe marẑ no l é fat al tondo
per quanto 'bassa', la Pasqua cade sempre dopo il plenilunio di marzo (successivo all’equinozio); 6a
800. Nuvole a lana - se no piove incó - piove entro la setimana
nuvole a forma di batuffoli di lana: pioggia vicina; 6d
801. Nuvole a scalin - piova pien gavin
nuvole a forma di gradini: pioggia da riempire i fossati dei campi; 6d
802. Nuvole a vei đe lana - o vènt o montana
nubi a forma di veli di lana: o vento o pioggia con allagamenti; 4b, 4d, 6d
803. Ogni fruto - la so stajon
[e, come il frutto maturo, il risultato, il beneficio di ogni azione si coglierà a suo tempo]; 3a, 6c
804. Ogni òto đì se fa la luna - ogni òto đì se ghen sente una
la luna in cielo muta sempre volto, e quaggiù le novità si rincorrono incessantemente; 1c, 6a
805. Onbrìa đ’istà - fa joler la panẑa đ’inverno
il pigro, che per evitare la calura estiva non esce nei campi a lavorare, non si assicura le scorte di cibo e patirà fame d'inverno; 1a, 1c, 6c
806. Par la Mađòna đe la Salute - se veste bèle pute
per quel giorno (il sabato che precede l’ultima domenica d’agosto) le fanciulle (specialmente quelle di Venezia, si suppone, dove è festa grande) esibiscono le loro vesti migliori partecipando alla grande festa; 1b, 6c
807. Par santa Gnese - le usèrtole le cor sù par le ẑiese
al 21 gennaio le lucertole escono sui pendii soleggiati lungo le siepi; 2b, 6c
808. Pasqua alta o Pasqua bassa - la vien senpre co la so frasca
che venga in aprile o in marzo, ogni anno porta con sé foglie e fiori; 3a, 6c
809. Pasqua marẑàsega - Pasqua mortàsega
se la Pasqua cade in marzo (bassa) non arriva accompagnata da molta vegetazione / vita (e conseguentemente da molta allegria); 3a, 6c
810. Pensa e ripensa - de đioba vien la Sènsa
anche se non sai spiegarti questo arcano del calendario, sappi che l’Ascensione, a differenza di altre feste (mobili), cade sempre e solo di giovedì [era celebrata il 40° giorno dopo Pasqua]; 1c, 6c
811. Pifanìa - tute le feste scoa via
spazza via le feste del ciclo natalizio (ciclo dei 12 giorni); 6c
812. Piova đ’istà - beati chi l'à
fortunati coloro che la ricevono: mai troppa per la terra riarsa; 1c, 6c
813. Piova đa đun - no fa mal a nissun
dopo il digiuno (la siccità) la pioggia fa bene a uomini animali e piante; 6b
814. Piova e sol - se sposa l diòl (Sol e piova - al diàul se sposa)
accoppiamento diabolico (anormale); 1d, 6b
815. Piova in canpagna - neve in montagna
ovviamente nella cattiva stagione: la si vede quando le nubi se ne vanno; 6b
816. Piova no ghen vien tanta - se le ràcole no le canta
le raganelle cantano in coro: si preannuncia pioggia abbondante; 2b, 6d
817. Pita sbusaròla - in marẑo pondaròla
la gallina che si fa fecondare frequentemente deporrà molte uova; 2b, 6c
818. Quande che canta l cucuc - lavoro đapartut
in aprile, con la buona stagione, tornano la vita e i lavori dei campi; 1a, 6c
819. Quande che canta la ẑigala in setenbre - no stà cronpar biava par tornarla vènder
cicale in settembre: I. fa caldo e la produzione di granoturco sarà abbondante: non comprare, il prezzo scenderà di sicuro; II. fa caldo e il granoturco farà vermi e farfalline: peserà meno nel caso tu dovessi rivenderlo; III. (?); 1a, 2b, 6d
820. Quande che i bò i fa na levađa - o che l é međanòt o che la é bèl passađa
i buoi, dopo il primo riposo notturno nelle loro poste, si tiravano su in piedi per sgranchirsi e per girarsi sull'altro fianco: da questo fatto (in mancanza di orologi) chi faceva filò capiva che era arrivata la mezzanotte; 2b, 6c
821. Quande che l é fòra l mađuran - se no piove incó piove đoman
alla metà di maggio, il pioppo cede gli amenti: la pioggia è in arrivo; 3b, 6d
822. Quande che l é fòra l’andrusiana - no la va via se no la ne bagna
amenti del pioppo in vista (metà maggio)? la pioggia è prossima; 3b, 6d
823. Quande che đe đioba al sol va đó inte l sac - vanti đoménega la piova la sbat
il sole tramonta tra le nubi, come dentro un sacco: la pioggia è vicina; 6d
824. Quande che l sol la toca - ghen torna n’antra ẑopa (Có l sol la toca - ghen torna na ẑopa)
se il sole risplende dopo la nevicata, tornerà un'altra bella zolla di neve; 6d
825. Quande che la montagna la fa la lana - piove tuta la setimana
se le nubi verso nord assumono aspetto di lana (appena tosata)…; 5c, 6d
826. Quande che le đornađe le se slonga - al fređo se slarga
il dì s'allunga e la notte s'accorcia sensibilmente? freddo meno intenso; 6a
827. Quande l sol la neve indòra - neve neve e neve ancora
se il sole fa brillare la neve…; 6d
828. Quande Quarésema te veđe venir - file un fuso e po vae a đormir
un fuso solo, poichè la notte si è accorciata (ma anche perchè la giornata di lavoro si è allungata e alla sera la filatrice è stanca); 1a, 6c
829. Quando l sorgo mostra l muso - la brava đòna fila un fuso
a fine agosto (l’infiorescenza del sorgo è matura) le notti si allungano: si può già riservare del tempo alla filatura, prima d'andare a letto; 1a, 3b, 6c
830. Ros de matina - la piova se veẑina
cielo rosso, al mattino: pioggia in arrivo; 6d
831. Ros de sera - bon tènp se spera
6d
832. San Bastian - co la viola in man
al 20 gennaio i primi tepori e le prime viole; 3b, 6c
833. San Martin l é un galantòmo - sant’Andrea l é un fiol de un can
il mezzadro / fittavolo che non ottiene il rinnovo del contratto agricolo e rimane senza casa e campi da lavorare, l’11 novembre viene sfrattato con tutta la famiglia, gli animali, gli attrezzi e le masserizie; se non sa dove andare, ottiene una proroga (tra 'galantuomini'…) fino al 30 novembre, termine perentorio; poi viene gettato sulla strada come un cane; 1b, 6c
834. San Paulo ciaro - bon par al boaro (la va ben par al boaro)
fa bello il 25 gennaio? l'annata andrà bene per chi alleva bovini; 1a, 1c, 6d
835. San Paulo ciaro e ẑiriòla scura - de l inverno no ven pi paura - (se scuro verà - sarà quel che Dio vorà…)
se il 25 gennaio fa bel tempo e il 2 febbraio brutto tempo, il rigore dell'inverno si attenuerà; in caso contrario, solo Dio ci salverà dalle intemperie protratte (e dalla fame e dalle malattie); 1d, 6d
836. San Ròco - ghe đà la ciave a l pitòco
16 agosto: in cantina e dispensa non c'è nulla da tener sotto chiave; 1a, 6c
837. San Tiẑian - al ghe bat fòra i đènt a i can
al 16 gennaio il freddo è così rigido che 'fa cadere i denti ai cani'; 6c
838. San Tiẑian - neve o paltan
al 16 gennaio il tempo è particolarmente sfavorevole: o neve o fango; ma si sa che San Lorenẑo da la gran caldura - san Tiẑian da la gran fređura - l un e l altro poco l dura; 6c
839. Sant’Antòni - ghe ingiaẑa la barba a i òmi
17 gennaio (sant'Antonio abate): il freddo forma i ghiaccioli sulla barba; 6c
840. Sant’Urban - l é l pastor đe le nèole
il 25 maggio, raduna nuvole (novello Giove, 'adunator di nembi'); 6c
841. Santa Gnese - ore điese
al 21 gennaio le ore di luce diurna tornano ad essere dieci; 6a
842. Santa Lucia - al fređo se invìa
al 13 dicembre il freddo incomincia a fare sul serio; 6c
843. Santa Lucia - al giorno pi curt che ghe sia
il dì più corto dell'anno [era vero fino al 1482, fino alla riforma del calendario, che ha spostato di dieci giorni il solstizio d’inverno; ma il proverbio è stato tramandato tale e quale fino ai nostri giorni]; 6a
844. Santa Maria Mađalena - la ne porta pena
intorno al 22 luglio regna sovrana la calura (e la siccità); 6c
845. San Valentin - primavera đa veẑin
14 febbraio: primi segni premonitori della primavera; 6c
846. Se a l primo đe april al cucuc no l é sorto - o che l é preso o che l é morto
il tempo della sua comparsa è passato: la bella stagione è avviata; 2b, 6c
847. Se genaio no gianisa - se febraio no febrisa - se marẑo no marẑisa - april gianisa febrisa e marẑisa
se questi tre mesi invernali non seguono il loro costume, non portano ghiaccio, neve e freddo, aprile farà il matto anche per loro; 6c
848. Se in calènt te taja l legnan - al dura incó e anca đoman
se seghi l'albero in fase di luna calante, il legname dura più a lungo; 3a, 6a
849. Se l gal al canta fòra đe ora - vien piova sicuro e bonora
il gallo canta in orario insolito? segna pioggia certa e vicina; 2b, 6d
850. Se la vien da la bassa - ghen vien na tassa
nuvole dalla bassa pianura (da sud): pioggia in gran quantità; 5c, 6b
851. Se le fasolère le fiorisse par san Bartolomìo - fasoi par l an e par l ano đrio
le piante fagiolo fioriscono entro il 24 agosto: fagioli per due anni; 3b, 6c
852. Se le nuvole le va in montagna - có le torna indrìo le ne bagna
se si accumulano verso nord portano pioggia sicuramente; 5c, 6d
853. Se lùjo no juta agosto - agosto no fa ora a secar
luglio deve cedere ad agosto un po' del suo caldo secco affinché, nonostante le giornate più corte, il fieno possa seccare come si deve; 3a, 6c
854. Se piove đoménega prima đe messa prima - tuta la setimana va via pacina
se piove di domenica, all’alba, avremo acqua e fango tutta la settimana; 6d
855. Se piove l dì đe san Bartolomìo - fasoi par l an e par l ano đrio
pioggia il 24 agosto: fagioli a bizzeffe [notare la frequenza di proverbi sulla pioggia!…; e anche il relativamente elevato numero di proverbi (nn. 720, 721, 722, 723, 765, 779, 851 e 855) riferiti alla ricorrenza di san Bartolomeo: questo santo è importante a Bibano quanto l'omonima località, sede di una notevole risorgiva e oggetto di un recente pregevole restauro ambientale - e, guarda caso, luogo d'origine della persona che ci ha tramandato proprio questi proverbi]; 3b, 6c
856. Se piove l dì đe san Martin - tut l inverno va via pacin
se piove l'11 novembre, avremo acqua e fango tutto l’inverno; 6d
857. Se piove l dì đe sant’Urban - par quaranta đì l va via piovant
pioggia il 25 maggio? piogge frequenti per 40 giorni; 6d
858. Se piove l Vèner Sant - piove màjo tut quant
pioverà regolarmente per tutto il mese di maggio; 6d
859. Se piove l ẑinqual de april - intrigađi arar
se piove il 5 di aprile, continuerà a piovere a oltranza, e a stento si riuscirà ad arare la terra in tempo utile per la semina del granoturco; 1a, 6d
860. Se piove su la rama - sola su i ovi
pioggia sui rametti di ulivo (la domenica delle Palme)? sole nella Pasqua dell' Uovo; ma anche: Se no piove su la rama - piove su i ovi; 6d
861. Seren de nòt - al va đe tròt
la notte è serena? nessuna garanzia che non cambi presto (al trotto); si dice anche Seren de nòt - al dura come l amor đe i vèci; 1a, 6d
862. Se te varđa l calènt e l cressènt - no te magna mai gnent
se nei lavori agricoli ti attieni pedissequamente alle regole basate sulla osservazione delle fasi lunari, rischi di non muoverti, rischi la fame; 1a, 6a
863. Se te vol che le verđe le fae bon pan - recòrđete đe semenarle đa sant’Urban
la semina delle verze va fatta attorno al 25 maggio; 3b, 6c
864. Se toneđea a Conajan - ciapa i ẑòcoi in man
se senti tuonare dalle parti di Conegliano (da ovest, dalle parti del bus de l Garda), scappa a casa veloce, con gli zoccoli in mano; 1a, 5b, 6d
865. Se toneđea al dì đe san Duane - tute le cuche le va vane
24 giugno, san Giovanni: se scoppiano tuoni le noci finiscono vuote; 3b, 6c
866. Se vien la piova l dì đe la Sènsa
par quaranta đì no l ne assa sènẑa
pioggia all’Assunzione (40° giorno dopo Pasqua): 40 giorni di pioggia; 6d
867. So mare đe marẑ - la tien sù la pelìcia
la 'madre di marzo' è la prima a non fidarsi del figlio pazzerello: non si perita ancora di smettere la pelliccia; 6c
868. Sol inte l sac - piova a sguaẑ
il sole tramontando si insacca tra le nubi: verrà pioggia abbondante; 6d
869. Sol lusènt - piova o vènt
lucentezza del sole più viva del solito? pioggia o vento, garantito; 6d
870. Sote la neve pan - sote la piova fan
i germogli del frumento vogliono essere coperti di neve, d’inverno: la pioggia invece li ghiaccia e li stronca; 6c
871. Tenpesta in màjo - sec in agosto
le peggiori sciagure, specie se consecutive: grandine in maggio, nella fase delicata della crescita dei fragili virgulti che, colpiti, non hanno più tempo di rifiorire, e siccità in agosto, nella fase dello sviluppo e della maturazione delle principali coltivazioni (agosto inpanocisse, si dice sopra); 6d
872. Ton marin - piova đa veẑin
se si sente tuonare dalle parti del mare (da sud), la pioggia è imminente; 6d
873. Vanti Nađal na telona - dòpo Nađal na teleta
durata delle notti e lavoro della tessitrice: notti lunghe, molta tela, notti corte, poca tela; 1a, 6c
874. Vanti san Jusèpe - no l é tanàja che la cave - dòpo san Jusèpe - no l é martèl che la tegne
prima del 19 marzo, l’erba non cresce neanche a tirarla con le tenaglie, dopo quella data non c'è martello che la tenga giù ; 3a, 6c
875. Vèndre - quel che inpromete intende
le previsioni del tempo avanzate al venerdì sono attendibili; 6d
876. "Vestìssete, talpon - despójete, poltron!"
vèstiti di fronde, tu, pioppo; smetti i vestiti pesanti, tu, pigrone (e comincia a darci sotto coi lavori, che d'ora in poi si faranno pressanti!); 1a, 3b, 6c
877. Vója o no vója - Pasqua la vien senpre co la so fója
voglia o no, alta o bassa, la Pasqua porta sempre le prime fronde; 3a, 6c
878. Ẑércol da lontan - piova đa veẑin - Ẑércol đa veẑin - piova đa lontan
alone di luna ampio: pioggia imminente; e viceversa; 6d
879. Ẑiriòla ciara - la va mal par la massara - (par la parona de casa)
Candelora col bel tempo: brutto segno per la massaia raccoglitrice-coltivatrice-allevatrice; 1a, 6d
880. Ẑiriòla solaròla - sen pi drento che fòra - (solaròla o đa solar - ẑinquanta đì ven da passar…) - (ma se piove o tira vento – de l inverno semo drento)
“Candelora col sole: inverno ancora lungo”, dice il saggio. “Con o senza sole, non illudiamoci: ancora 40 giorni di pena dobbiamo attenderci”; 6d