POSFAZIONE
Ancora una raccolta di tradizioni popolari
Fino a circa quarant'anni fa, prima che morissero i filò, che sparissero le famiglie allargate, che diventassero obsoleti schemi, stili e ritmi di vita tradizionali, le frequentazioni della letteratura popolare orale, compresi i canti e i racconti, erano ancora abituali: cadenze temporali, ricorrenze, situazioni e occupazioni rivissute per un tempo immemorabile le richiamavano con immediatezza.
Oggi non è più così.
Mentre i nostri più o meno lontani predecessori avevano degli eredi a cui trasmettere questo patrimonio perenne distillato dall'esperienza dei padri, le nostre spaesate generazioni approdate al Duemila non sembrano più in grado di tramandarlo.
I nostri figli, soprattutto i più giovani, hanno culturalmente tanti altri padri e maestri.
Quanto a noi, l'accelerazione nel mutare delle condizioni di vita, la potente azione dei mass-media e il contatto sempre più coinvolgente e problematico con ciò che accade in tutto il mondo hanno fatto sì che entrasse in crisi il sentimento dell'identità culturale definita dagli usi e costumi e dalla tradizione orale della famiglia, del clan e della comunità di appartenenza: anche per noi, diradate o divenute impossibili le occasioni di incontro che lo alimentavano e rafforzavano, si sono fatte estranee e in parte incomprensibili molte delle forme in cui esso si esprimeva.
La raccolta di frammenti di letteratura popolare può tuttavia offrire utili e gradevoli percorsi a chi, con o senza nostalgia, desideri ancora immergersi nel tempo lungo della storia, nella continuità con coloro che ci hanno preceduto e con le loro esperienze culturali.
La compilazione, in particolare, di quelle perle della voẑe de l popolo che sono i proverbi e i modi di dire rende omaggio all'opera di quanti amavano trapiantarli, da buoni contadini, nei loro discorsi.
Tale opera era sostenuta dall'orgoglio di contribuire a perpetuare un patrimonio di cultura orale esposto al rischio di andare perduto e di saper, al momento opportuno, attingere alla perfezione lapidaria ed icastica dei motti antichi - sempre col sorriso, s'intende, di chi nel gioco delle allusioni era convinto di saperla più lunga anche del proverbio!
La nostra sensibilità è lontana dalle tranquille anche se disincantate certezze della saggezza di un tempo, secondo la quale alle generazioni del passato apparteneva il magistero e il compito di orientare nella vita, quasi che tutto, eleaticamente, fosse già avvenuto e tutto fosse già stato detto sull'uomo e sul suo destino.
Eppure talvolta ci sorprende la sapidità di tante sentenze argute e perfettamente calzanti anche rispetto alla nostra attualità; oppure, uscendo da questo ambito specifico, l'ingegnosità di un indovinello che ci dà filo da torcere, il fascino di una fiaba o il giocoso ritmo di una filastrocca; anche se ci può capitare di provare una certa pena di fronte alla povertà di molte espressioni che, se da un lato rievocano una primitiva remota intimità infantile, familiare, prelogica, dall'altro rispecchiano crudamente le condizioni di una vita gravata dalla fatica e da deprivazioni di ogni genere, non solo materiali.
Queste sono le ragioni principali della presente raccolta, in cui sono compresi anche testi già editi, ma in versioni quasi sempre differenti nella forma o nel contenuto.
Cultura contadina nelle locuzioni sentenziose
Si parla spesso, e da svariati punti di vista, dell'esistenza di segnali di mutazione antropologica nella storia recente, su scala locale e mondiale.
Ora, l'individuazione di elementi discriminanti e il raffronto tra mondi e tipi umani passati e presenti, possono forse venire agevolati dallo studio di quei particolari reperti linguistici che sono proprio le locuzioni sentenziose, codificate da una tradizione secolare.
Questi piccoli componimenti poetici, collegati ai problemi di sopravvivenza, parte integrante dell'esperienza comunicativa quotidiana e a volte autentiche opere d'arte, sono considerati da sempre dei concentrati di cultura popolare.
Ci si è chiesti allora se non fosse opportuno tentare di far emergere le coordinate fondamentali del mondo contadino compiendo una sistematica ricognizione delle locuzioni sentenziose - estesa anche agli indovinelli, i quali si prestano facilmente a questo tipo di indagine -, e riconsiderando, perché no? con empatia il modo caratteristico di pensare per assiomi di tante persone a lungo frequentate.
Ci è parso che alla radice di tale impostazione culturale dovesse esserci, più che la mancanza d'istruzione o l'impossibilità pratica di staccarsi dai problemi contingenti e dal lavoro quotidiano protratto e faticoso, un'esigenza esistenziale di potersi ancorare a pochi chiari punti di riferimento.
Abbiamo così formulato uno schema concettuale corrispondente a quella che ci appare essere stata la visione delle cose e l'esperienza conoscitiva/speculativa immediata prima e al di fuori dei percorsi, delle elaborazioni e delle acquisizioni culturali in campo scientifico, filosofico, teologico, politico, ecc.; prima anche delle trasformazioni culturali indotte dai noti eventi epocali, industrializzazione e urbanizzazione in primo luogo.
Il quadro che lo rappresenta costituisce una specie di puzzle di sei pezzi soltanto concernenti il mondo umano, il mondo animale, il mondo vegetale, i quattro primordiali elementi, la realtà dello spazio e quella del tempo concepito quasi sempre come tempo che ritorna ciclicamente, i quali nei testi presi in esame si combinano tra loro in modi infiniti.
I titoli e le voci dello schema sono stati formulati in dialetto e non in italiano per evitare discontinuità tra la visione del mondo e il linguaggio che la descrive.
Na iđea đe l mondo
inte i proverbi, mođi đe đir e ingiovinèi
Elementi di cultura contadina nei proverbi, modi di dire e indovinelli
1 L òn, i òmi Uomo, società
1a L òn, i òmi, al so mondo (le robe che i pensa, che i fa, che i đòpera)
Uomo, società, cultura materiale
1b Conportarse come che vol la trađiẑion, la voẑe đe l popolo, le
usanẑe, al costume, la creànẑa, la bona eđucaẑion, le mođe, al
rispèto de i altri, l órđen, la justìẑia, i pati, la lèje, al bon governo
Il comportarsi secondo la tradizione, il senso comune, gli usi e costumi, la buona educazione, la moda; le norme di convivenza, di ordine, di diritto; la giustizia, i patti, la legge, il buon governo
1c Ver a che far co l destin e la fortuna; co la fatalità, al caso, la sorte; co i misteri, i casi e i schèrẑi đe la vita; co le lèje đe la natura, đe l tènp, đe le đistanẑe, đe i numeri e đe l rajonar đret
Il dover fare i conti con destino e fortuna; con caso, sorte e fato; con i misteri, i casi e gli accidenti della vita; con le leggi della natura, del tempo [come dimensione], dello spazio, dei numeri, della logica
1c (bl) Soranòmi e mincionađe
Blasoni, epiteti ingiuriosi, motteggi riferiti a individui, categorie sociali,
paesi, città, nazioni
1d Al mondo đe là e la relijon
Aldilà e religione
1e Al mondo đe le fiabe e storie
Esseri, poteri ed eventi fantastici
2 Le bestie Animali
2a Le bestie, al bestian, al bovin, i polan, i osèi, i pes, i bis, i biset…
Animali, bestiame da stalla, pollame, uccelli, pesci, rettili, bruchi,
vermi, insetti, fino alle più piccole forme di vita animale in genere
2b…Le tante sòrt de bestie Singole specie animali
3 Le piante Vegetali
3a I alberi, al bosc, le ẑiese, i bar, le cane, l’erba, i fior, i fonghi…
Vegetali, piante, alberi, bosco, siepi, cespugli, arbusti, canne, erba, piante da fiore, funghi, ecc., in generale
3b Le tante sòrt de piante Singole specie vegetali
4 La tèra, l’aqua, al fogo, l’aria Terra, acqua, fuoco, aria
4a La tèra, al teren, le ẑope, i canp, i pra, i sas, le piere…
Terra, terreno, zolle, campi, prati, sassi, pietre, ecc.
4b L’aqua, al jaẑ, i rui, i fiumi, le montane, i laghi, al mar…
Acqua nei vari stati, distribuzioni e configurazioni
4c Al fogo, le fiame, le bronẑe, le fuìsche, al fun…
Fuoco, fiamme, braci, faville, fumo, ecc.
4d L’aria, al vènt, la baveta, al vènt sghirlo…
Aria, vento, brezza, turbine..
5 Al mondo, i loghi, i posti Lo spazio, i luoghi, i posti
5a Al mondo, i loghi, i posti; le tante sòrt de loghi
Dimensione e determinazioni spaziali in genere; luoghi specifici
5b I loghi co un nome soo
Luoghi indicati col nome proprio
5c Le tre part de l mondo (sote tèra, sora tèra e par aria), le quatro bande đe l mondo (verso matina, verso l Furlan, dove che nasse l sol; verso sera, a posènt, dove che va đó l sol; verso la marina, la bassa, al pian, miođì; verso l'onbrìa, al posterno, verso la montagna)
I tre mondi (sotterraneo, terrestre, aereo-celeste), i quattro punti cardinali (est, ovest, sud, nord)
6 Al tènp Il tempo
6a I mòti đe l ẑiel, đe l sol, đe la luna e đe le stele (e magari anca l tènp che fa e/o la vita e i lavori che ghe va đrio), de ano in ano, de stajon in stajon (co le so 'Feste'), de mese in mese, de setimana in setimana, de dì in dì (co i so santi), de đì e đe nòt, de ora in ora
Fenomeni astronomici (ed eventuali connesse vicende meteorolo- giche, e/o loro relazioni con gli eventi ciclici della vita umana, animale, vegetale e del lavoro) e cadenze temporali e calendariali
6b Al tènp che fa (e magari anca la vita e i lavori che ghe va đrio), de ano in ano, de stajon in stajon (co le so 'Feste'), de mese in mese, de setimana in setimana, de đì in dì (co i so santi), de đì e đe nòt, de ora in ora
Vicende meteorologiche (e loro eventuali relazioni con gli eventi ciclici della vita umana, animale, vegetale e del lavoro) e cadenze
temporali e calendariali
6c La vita e i lavori che va đrio i mòti đe l ẑiel, đe l sol, đe la luna e đe le stele e đrio l tènp che fa, de ano in ano, de stajon in stajon (co le so 'Feste'), de mese in mese, de setimana in setimana, de đì in dì (co i so santi), de đì e đe nòt, de ora in ora
Eventi ciclici della vita umana animale vegetale e del lavoro e cadenze temporali e calendariali
6d I pronòsteghi su l tènp che fa (e magari anca su la vita e i lavori che ghe va đrio), de ano in ano, de stajon in stajon (co le so 'Feste'), de mese in mese, de setimana in setimana, de đì in dì (co i so santi), de đì e đe nòt, de ora in ora
Previsioni meteorologiche annuali (ed eventualmente sugli eventi ciclici della vita umana animale e vegetale e del lavoro)
I sei pezzi e le loro articolazioni, simboleggiati dalle sigle alfanumeriche, ricorrono con frequenza diversa nei testi in esame, come si può verificare anche a colpo d'occhio scorrendo la raccolta e come mostra il seguente prospetto.
Prospetto della frequenza dei temi
Proverbi Modi di dire Prov. modi dire Indovinelli
Tot. 880 % 652 % 1532 % 83 %
1a 478 55 602 92 1080 71 73 87
1b 197 21 35 5 232 15 2 2
1c 497 57 35 5 532 34 2 2
1c(bl) 51 5 0 0 51 3 0 0
1d 52 5 26 4 78 5 4 5
1e 3 0 12 1 15 1 0 0
2a 12 1 25 3 37 2 6 7
2b 98 11 142 21 240 15 25 30
3a 30 3 15 2 45 2 9 10
3b 45 5 24 4 69 4 9 10
4a 9 1 9 1 18 1 2 2
4b 60 3 10 1 70 3 3 4
4c 4 0 10 1 14 0 7 8
4d 5 0 23 3 28 1 0 0
5a 23 2 7 1 30 1 13 15
5b 29 3 7 1 36 2 1 1
5c 10 1 2 0 12 0 0 0
6a 20 2 3 0 23 1 1 1
6b 30 3 4 0 34 2 0 0
6c 131 14 10 1 141 9 2 2
6d 52 5 1 0 53 3 0 0
L'alta o bassa frequenza di alcune sigle ha sicuramente un valore e un significato scontato; quella di altre invece riapre qualche interessante squarcio sul modo di pensare della comunità contadina.
Il predominio, relativamente più marcato nei modi di dire, del tema relativo alla realtà esistenziale e sociale e alla cultura materiale (1a) deriva ovviamente anche dal fatto che si è scelto di inglobare entro un'unica voce dello schema tutto ciò che concerne l èsser e l vìver đe i òmi, cioè al nàsser, vìver, morir; pensar, capir, farse na iđea, stimar [valutare]; ver cossiènẑa, ver quòr, ver sentimento [senso del dovere, sentimenti, emozioni, affetti]; ver vója, volontà, caratere; i nostri stati, ati, qualità [condizioni, situazioni, azioni e comportamenti, pregi e difetti individuali]; le tante sòrt de òmi e tut quel che i fa o ghe suceđe vivendo insieme [categorie, condizioni e comportamenti sociali]; al nostro corpo; la roba [beni immobili e mobili] e le robe fate e đoperađe [utensili, strumenti, oggetti, cose fatte e utilizzate] par móverse, lavorar, vestir, magnar, vìver, e via điscorendo.
Si è dato in tal modo risalto ai temi che concentrano l'attenzione sui condizionamenti cui si ritiene sottoposto il vivere umano e attorno ai quali ruota una notevolissima quantità di testi. Si tratta dei condizionamenti che sinteticamente potremmo definire socioculturali (1b) e di quelli rappresentati o imposti dalla natura (1c) e dal sovrannaturale (1d).
Va notato che le sigle 1c, già così significativamente presenti, risulterebbero assai più numerose se si volesse tener conto del fatto che l'andamento dell'esistenza umana è profondamente influenzato dalle forze e dagli eventi naturali cui si riferiscono i proverbi calendariali, astronomici e meteorologici (6a, 6b, 6c, 6d).
La frequenza poi dei temi contraddistinti dai nn. 2 e 3 evidenzia, se ce ne fosse bisogno, l'importanza degli animali e dei vegetali nella cultura contadina; inoltre, mentre quella del n. 4 ripropone chiaramente la suddivisione della realtà fisica nei quattro elementi di classica memoria, quella dei nn. 5 e 6 attesta il peso della dimensione spazio e ancor più della dimensione tempo, vissuta quest'ultima quasi esclusivamente come realtà cadenzata dai perpetui moti dei corpi celesti, in cui si rincorrono gli eventi meteorologici e della vita terrestre - anche se, più che la frequenza dei riferimenti alle realtà simboleggiate da questi cinque numeri, andrebbe considerato e analizzato nella sua specificità il rapporto utilitaristico e di dipendenza che lega il contadino a ciascuna di esse nell'attività e nell'esistenza quotidiana.
I proverbi che sono portatori di questo concetto del tempo, e che sono stati classificati per cicli calendariali nell'appendice intitolata "Elenchi di alcuni tipi di proverbi", si trovano quasi tutti raggruppati nella seconda parte della raccolta, dal n. 690 al n. 880. Essi hanno in comune l'attinenza con le molteplici ricorrenze temporali che si registrano de ano in ano, de stajon in stajon (co le so 'Feste'), de mese in mese, de setimana in setimana, de đì in dì (co i so santi), de đì e đe nòt, de ora in ora; mentre si differenziano, al di là del loro particolare significato, nei riferimenti variamente assortiti alle tre seguenti categorie di accadimenti. Con 6a si chiamano in causa i fenomeni astronomici - tolemaicamente intesi - contemplati talora semplicemente a sé stanti e talora in connessione con le vicende meteorologiche e/o con gli eventi ciclici della vita umana, animale, vegetale e del lavoro (con la vita e i lavori che ghe va đrio, che dipendono cioè da tali vicende oppure ne subiscono l'influenza) e inquadrati in una visione forse non lontana da quella che G. de Santillana ed H. von Dechend hanno tentato di ricostruire ne Il mulino di Amleto - Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, Adelphi, 1983. In 6b, come per i pronòsteghi compresi in 6d, si prescinde dai fenomeni astronomici che naturalmente restano nello sfondo, e si fa riferimento invece alle vicende meteorologiche, considerate a volte separatamente a volte congiuntamente con gli eventi ciclici appena accennati. Queste vicende della Vita sulla Terra nell'incessante volgere degli anni contraddistinguono da soli la sigla 6c, che risulta significativamente prevalente rispetto a 6a, a 6b e anche a 6d.
I riferimenti a specifici posti e luoghi (5a e 5b) della realtà abitativa o geografica compaiono solo in certi tipi di blasone e in qualche modo di dire.
Quanto alle tre part de l mondo (5c), esse sono sempre, ma solo implicitamente, ben presenti ai parlanti quale regno delle superne potenze con cui si deve quotidianamente fare i conti, quale realtà terrena teatro della vicenda esistenziale e quale oscuro regno sotterraneo.
Dal canto loro le quatro bande đe l mondo (5c) assumono precisa rilevanza nelle osservazioni e nelle previsioni comprese nella paremiologia calendariale: diverse o contrapposte come le quattro facce di una piramide - e analogamente convergenti sul vertice, sul punto occupato dal parlante-osservatore, centro dello spazio percepibile e immaginabile - esse sono evocate esplicitamente assieme ai fenomeni astronomici e meteorologici che si avvicendano attorno a lui e sopra la sua testa.
Lo schema non ha pretese di scientificità e completezza, e la stessa attribuzione delle sigle ai singoli testi può essere talora opinabile.
Ad esempio non trovano spazio nel puzzle il Sole, la Luna e le stelle, intesi come corpi celesti anziché quali potenze (6a) che con i loro mòti influiscono sul calendario, sui lavori campestri e sugli accadimenti terrestri. Solo nell'indovinello n. 83 si postula la presenza di 'stelle fisse'. Si è tralasciato inoltre di estendere l'indagine ai 'puerilia' (Par i cèni e i tosatèi), considerato che questi altri testi codificati verrebbero contrassegnati quasi esclusivamente dalle sigle 1a e 2b - solo le raẑion, le preghierine, farebbero lievitare la frequenza della sigla 1d -. Quanto ai blasoni, individuali o collettivi, si è ritenuto di contraddistinguerli con la sigla 1c(bl), poiché essa rinvia a 1c, cioè all' Aver a che far co […] la lèje đe la natura, da intendersi ovviamente in senso ludico o provocatorio (soltanto?): frecciate, caricature mordaci, talvolta vanterie, queste parodie delle sentenze proverbiali venivano calate nel discorso quali enunciazioni di veri e propri dati naturali.
La cosa importante, in ogni caso, è verificare se questo schema, col quale si è cercato di cogliere aspetti essenziali della cosmologia contadina, oltre a fungere da supporto o anche da alternativa alle spiegazioni e alle interpretazioni letterali e metaforiche aggiunte ai testi, rappresenti effettivamente un'utile modalità di approccio al pensiero, al linguaggio e alla vita della nostra comunità rurale della prima metà del Novecento; e magari uno spunto per convincerci a mantenere o ristabilire un equilibrato rapporto con la Natura, da cui non possiamo alienarci senza danni anche dopo il salto culturale che ci ha allontanato dal mondo contadino tradizionale - ricordando che pure le fiabe di una volta sembravano da buttare, per tanti di noi 'moderni'...
Il seducente rovescio della medaglia: fiabe e storie
Se, analogamente a quanto si è fatto con le locuzioni sentenziose, proviamo ad applicare il medesimo schema ai testi delle Fiabe e Storie, ci troviamo di fronte a delle sorprese, specialmente in riferimento ai primi otto, cioè alle fiabe.
Una difficoltà, in primo luogo: i testi di questo tipo di letteratura posseggono un'organizzazione così complessa e articolata che enuclearne i temi dominanti e significativi risulta ulteriormente problematico. Tanto più che essi, appartenendo all'oralità e non allo scritto, sono in qualche misura aperti all'improvvisazione del narratore.
Dati questi limiti, si è ritenuto di utilizzare lo schema soltanto per far risaltare, rispetto a quella delle locuzioni sentenziose e degli indovinelli, l'alterità dell' iđea đe l mondo emergente da una ricognizione a volo d'uccello dei racconti e del loro linguaggio.
Alterità che viene espressamente ricordata da molti narratori con le formule di chiusura della fiaba: E i à fat nòẑe conpòste […] e mi che ere là, i me à parà par đe qua… / E, là, i à fat nòẑe conpòste […] e mi son ancora qua che me remene…[per la fame]. Il là e il qua sono tanto semplici quanto indicativi a tale proposito, e fanno da riscontro alla ugualmente significativa formula iniziale Era na òlta: non ora, non qui.
Alterità ribadita anche da quelle che potremmo definire 'fiabe e storie non nate', inserite nel capitolo Par i cèni e i tosatèi ai nn. 90-97, che consistono praticamente in un rifiuto a raccontare, cioè a passare di là, e in cui il narratore renitente richiama bruscamente l'ascoltatore a questo mondo di qua: mena il can per l'aia dell'esasperante Sior Inẑènẑo, piazza villanamente il re e la regina co l cul inte la farina, colloca il reverendo prete inte la ẑesta, tira in campo la volgare vaca Vitoria o il concreto e familiare Piero - il quale, anziché avventurarsi verso eroiche imprese, al se òlta, va a gambe all'aria; e questo voltarse allude probabilmente proprio al capovolgimento della prospettiva, al mutamento di programma da parte dell'adulto di fronte al bambino che chiede ancora storie.
Avremmo bisogno, a volte, di una pausa nel vortice degli eventi, spesso amari, in cui siamo immersi. Le fiabe offrono molto di più: per tutta la durata del racconto, ci permettono di obbedire all'impulso di trasferirci - viaggio di ricognizione: rivisitazione per gli adulti, esplorazione per i bambini - in un mondo diverso, remoto (e pure parte di noi), in cui ogni traversia viene felicemente superata.
Ed ecco, considerati in una prospettiva esclusivamente sincronica e a prescindere dalla specifica genesi e storia della fiaba, i principali tratti distintivi che vi riscontriamo rispetto al mondo delle locuzioni sentenziose.
Attenuazione o evanescenza - se non anarchica rottura o negazione o assenza - dei condizionamenti socioculturali (1b).
Anche se, terminata l'avventura, si torna sempre ai rapporti e ai ruoli tradizionali, si ristabiliscono le normali condizioni di vita, spesso economicamente riscattate e si rientra in famiglia, vero incrollabile faro per chi è andato sperso per il mondo. Infatti, se nella realtà trađiẑion, voẑe đe l popolo, usanẑe, costume, creànẑa, bona eđucaẑion, mođa, rispèto đe i altri, órden, justìẑia, pati, lèje, bon governo sono percepiti come briglie e freni per l'individuo, ma anche come conquiste sociali, nelle fiabe in un primo tempo si sancisce la loro eclissi o la loro negazione, ma poi, con un'abile capriola fantastica e logica, se ne celebra e se ne festeggia la definitiva riaffermazione.
Superamento dei condizionamenti naturali (1c), perlomeno finché, concluso il viaggio fantastico, con l'allusione alla spelaẑađa/pedata nel sedere si viene richiamati al banale 'hic et nunc', all'anti-metafisico qua.
In questo viaggio, che si svolge in un tempo perenne e in uno spazio globale, si evade dal dominio della storia 'annalizzata', del tempo 'calendarizzato' e dei limiti spaziali, dal dominio del destino, delle leggi naturali, della razionalità e così via; e ci si proietta in tempi indefiniti e in luoghi lontani, misteriosi, in cui, privi di casa protezione e sicurezza, si vive esposti alle più emozionanti sorprese.
E mentre fuori dal bosco ci si orienta ancora in qualche modo, si hanno dei sia pur generici punti di riferimento - rappresentati normalmente da realtà astronomiche e geografiche, ma anche da bar đe spin, ẑiese, arnerađe [cespugli, siepi] , per restare nel campo della flora spontanea, oppure da fossai, rivai, gavin, pont, pos [fossi, capezzagne, scoline, ponti, pozzi], mulin, ostarie, case, cortivi, paesi, per entrare in un contesto sia pur limitatamente antropizzato -, quando si entra nel bosco, come accade in molti di questi viaggi, ci si avventura quasi in caduta libera e al buio, col paracadute programmato per aprirsi solo all'ultimo momento.
Il bosco è il 'luogo comune' ideale in cui si materializza questa operazione di estraniamento dalla realtà, è l'ambiente funzionale allo smarrimento degli eroi: nel bosco non si rilevano I mòti đe l ẑiel, đe l sol, đe la luna e đe le stele (e magari anca l tènp che fa e/o la vita e i lavori che ghe va đrio) (6a), non s'incontrano I loghi co un nome soo (5b), si annulla la distinzione tra Le tre part de l mondo (sote tèra, sora tèra, par aria) (5c), è impossibile l'orientamento verso Le quatro bande de l mondo (5c), verso i punti cardinali.
L'uscita o meglio il ritorno dal bosco coincide col lieto fine dell'avventura, con la riconquista del luogo aperto, noto, protetto, con l'esaltazione del valore della casa, della famiglia, del clan, dell'integrazione sociale.
Esclusione del mondo đe là e della relijon (1d), presumibilmente perché incompatibili col protagonismo umano, con la libertà creativa e fantastica e con il relativismo delle scelte morali tipici delle fiabe.
Anche il diavolo - che in questa raccolta appare una sola volta, e con marcati caratteri antropomorfici, in Bacan, misto inconsueto tra fiaba e racconto epico-farsesco nelle cui gesta possiamo qua e là rinvenire qualche sorprendente analogia con quelle di Kullervo, eroe del poema finlandese Kalevala, sinteticamente rievocate nei capp. 2 e 5 dell'opera citata di de Santillana e von Dechend - cede il posto a esseri fantastici malvagi, al mago, al gigante oppressore, alla strega (1e).
Sostituzione della dipendenza dai condizionamenti naturali (1c) e dall'intervento divino sovrannaturale (1d) con la quasi onnipotenza degli esseri e degli eroi appartenenti al mondo đe le fiabe (1e): gli insegnamenti millenari della religione e della teologia vengono normalmente elusi tanto quanto i progressi della razionalità e della scienza, e si ritorna a forme di 'animismo'.
Nell'agone fantastico, nel dominio del magico l'uomo acquista caratteri eccezionali e compie gesta prodigiose. I personaggi fiabeschi vanno anche per aria e sotto terra, nella continuità/confusione tra spazio terrestre, celeste e sotterraneo, e nella totale assenza di punti cardinali; si avventurano in un tempo e in uno spazio che, perdendo le naturali dimensioni, si dilatano indefinitamente e si annullano facilmente - e i bambini fruitori della fiaba si trasferiscono dal passato (Era na òlta) al presente e dal presente al futuro, grazie al processo psicologico di identificazione nell'eroe.
Mentre l'uomo dei proverbi impara a introiettare i principi di una strategia adattativa basata sul contentarse, sulla rassegnazione, sul fatalismo, l'uomo delle fiabe, quasi trasformandosi da larva in farfalla che si libra in volo, manda all'aria tutto il sistema evadendo da questa condizione, rompendo col conformismo, affermando se stesso, a costo di prove e avventure pericolose. Il destino, inflessibile e in ultima analisi tragico nei proverbi, diventa eludibile, trattabile, dominabile e, nella sua imprevedibile gratuità, quasi sempre benigno per il protagonista delle fiabe.
Inoltre, se nei proverbi si proclama che solo a Dio e ai santi (1d) spetta l'ultima parola, nella fiabe entrano in campo la buona stella del protagonista, le fate, le magie e gli incantesimi (1e). E le forze che secondo i proverbi vengono sentite come onnipresenti e di norma negativamente dominanti (si veda la frequenza di 1c nel prospetto riportato sopra) sono soppiantate da altre forze ed esseri in parte minacciosi e malefici e in parte liberatori e benefici (1e); e questi ultimi hanno in definitiva la meglio, rendendo i protagonisti meno soggetti alla natura e al destino e non del tutto dissimili dagli immortali. Al proverbiale Quel dì che se é contenti - se more si contrappone E i à fat nòẑe conpòste…; a Vita e đolceẑa par quìndese đì - e poi e poi…debiti e fioi! si contrappone E vissero felici e contenti.
A loro volta gli animali (2b) e i vegetali (3b) possono mutare natura e funzione. E anche gli oggetti (1a), da reperti naturali o da semplici utensili dell'Homo habilis, si possono trasformare in magici demiurghi animati (1e) capaci di risolvere anche le situazioni umane più compromesse, senza che ci sia bisogno del soramànego, dell'abilità e dell'esperienza di colui che li usa.
Una bella rivoluzione virtuale, che la nostra mente segreta, in barba a quella razionale, accarezza volentieri!
In questo modo le forze e gli incantesimi del mondo di là, evocati per evadere dal di qua, ma anche per proiettare su un'immagine in ultima istanza dominabile e distruttibile tutto ciò che nel subconscio minaccia la nostra esistenza, compiono il prodigio di piegare il destino, di indurlo a realizzare la nostra aspirazione alla sicurezza e alla felicità.
Altre note sparse su Fiabe e Storie
Con C'era una volta… l'adulto e il bambino iniziano un gioco: danno avvio a una finzione rappresentativa che si apre con il trasloco dal qua al là e che continua sino alla fine secondo una serie di regole che sono state ben individuate dagli studiosi.
Questo gioco si sviluppa non attraverso l'assecondamento dell'impulso spontaneo e istintivo al movimento, all'attività fisica, all'esplicazione dell'energia vitale - così si preparano alla lotta per la sopravvivenza anche i cuccioli degli animali -, bensì attraverso il coinvolgimento intenzionale e programmato del bambino in forti esperienze emotive intellettive e fantastiche; e, come ogni gioco, diventa preparazione alla vita.
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Delle sue origini preistoriche la fiaba conserva, oltre al ricordo delle tremende condizioni di vita e dei riti tribali di iniziazione, la globalità e l'essenzialità delle rappresentazioni spazio-temporali e dei profili psicologici e morali dell'essere umano - pochi e sostanzialmente irrilevanti sono gli adattamenti e gli aggiornamenti del suo lessico conseguenti all'evoluzione 'civile', allo sviluppo dell'analisi scientifica e del pensiero in genere, o anche alle trasformazioni dell'ambiente.
E proprio perché olistico e poco evoluto, perché ancora lontano dalla descrizione, dall'oggettivazione e dall'analisi, il linguaggio della fiaba svolge una peculiare funzione: il nudo nome, il verbo, è una chiave che ci introduce nella totalità incantata di un tempo indefinito e di uno spazio in cui si ama perdersi (o meglio ritrovarsi, dato che è uno spazio non rappresentato, bensì vissuto nell'intimo di noi stessi, là dove si fondono memoria e fantasia: da qui, non meno che dai suoi procedimenti stilistici o dalle imprese dei protagonisti, la meraviglia e l'interesse suscitati dal racconto).
Ascoltare, e raccontare, una fiaba rimane pertanto un utile atto di esperienza e di conoscenza: è un po' rivivere certe traumatiche prove psicologiche come quelle dell'abbandono, del distacco, della separazione, e richiamare certe tragedie storiche, quella della fame in primo luogo (mentre il turbamento e le tensioni che lo connotano e vivificano, e che è poi dolce sentir sciogliere nel lieto fine, ne sono il naturale accompagnamento).
La storia e la linguistica, tornando con una spallata a rivendicare il loro spazio accanto alle altre scienze umane, possono dunque offrire sempre nuovi squarci di luce su quegli aspetti del lontano passato che sono semplicemente adombrati dai racconti fiabeschi e dal loro linguaggio estremamente conservatore quanto a segni, simboli, notazioni e rappresentazioni.
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Qualche cenno infine su alcuni temi ricorrenti nelle Fiabe e Storie qui raccolte e sul modo in cui questi sono toccati nel particolare momento del rapporto educativo e di trasmissione della cultura che esse testimoniano.
Una prima osservazione riguarda l'evidenza con cui il paesaggio, l'ambiente e i costumi rurali sono presenti in tutti i testi, anche in quelli di possibile ascendenza dotta.
Re, regine, briganti, streghe hanno l'orto, la tieđa, gli animali da cortile, il maiale, il tipo di abitazione e le usanze dei contadini. Nel regno della fantasia senza limiti non ci si spinge, dunque non si avverte o non si vuole creare il bisogno di spingersi, a immaginare un ambiente diverso dal proprio. L'unica eccezione è costituita dalla meravigliosa caverna sotterranea di Jovanin Bel-orso.
Le storie di animali possiedono una loro peculiarità. Esse rispecchiano molto da vicino l'antropomorfismo, la funzione paradigmatica e l'intenzione ammonitrice o satirica degli autori classici; ma la loro realistica e concreta ambientazione nelle nostre campagne conferisce alle bestie un più vivace e naturalistico risalto. E va notato, tra parentesi, un fatto sorprendente: l'atmosfera fantastica si respira anche in quella parte di Al cagnet e l lof e de La volp e l lof in cui, con una singolare inversione di prospettiva, si esce dallo spazio immaginario e si evocano, 'trompe l'oeil', luoghi abitualmente frequentati dagli ascoltatori.
Personaggi e macchiette di paese, magari enfatizzati o messi in caricatura, entrano in scena in La volp e l lof, Bacan, Martin, Bras, Burelet-lugànega; e spesso da protagonisti.
Re e regine, personaggi sfocati e marginali, raramente protagonisti, simboli astratti di un potere evanescente e vago contro il quale ci si può prendere qualche rivincita, compaiono ingenuamente rappresentati in Stòrđi-róver, Le tre tose e i assassini, I tre tosat, La regina e la indovinèla.
Appaiono meglio definiti i briganti e gli assassini in Le tre tose e i assassini, I tre tosat - in questo caso, per quanto dispotici, meno sinistri di quanto sembrerebbe pertinente -, in Martin e le vache e in Martin e la porta.
In Jovanin Bel-orso, Stòrđi-róver, Le tre fađe, Burelet-lugànega, La vècia che la girea co l galòbo, Bacan si manifestano esseri e poteri fantastici: maghi, streghe e fate (anzi fađe, somiglianti per i loro strani costumi piuttosto alle driadi che alle fate della tradizione dotta).
Ci sembra degno di attenzione il carattere inquietante di due personaggi, a metà fra il fantastico e il quotidiano: la vecchia megera nemica dei bambini, che si presenta in maniera ingannevole (Le tre tosete pèrse inte l bòsc), a volte come questuante (Piereto-capeleto), a volte come seduttrice - nel galòbo, con la cioccolata -, e l'orco che s'insinua in casa per la via più impensata per divorare la bambina, il quale tuttavia è anche un 'barba', uno 'zio', un vicino di casa con cui bisogna intrattenere buoni rapporti (Barba-ẑucon).
C'è da dire, d'altronde, che anche Burelet-lugànega è inquietante - significativa una variante del nome: Budelet -, più inquietante dei vari Pollicino o Cecino.
Al di fuori dell'ambito familiare, i protagonisti incontrano pochi soccorritori disinteressati - il mugnaio de Le tre ochete, il cacciatore di Buđelet-lugànega e la famiglia che ospita Le tre tosete pèrse inte l bòsc lo sono solo temporaneamente o parzialmente -; incappano invece spesso in profittatori: la regina de Le tre fađe e sua figlia, il signore di Burelet-lugànega, il commerciante di Bras, i sequestratori de Le tre tose e i assassini, gli stallieri de I tre tosat.
L'infanzia in queste fiabe appare spesso minacciata di abbandono (Le tre tosete pèrse inte l bòsc); di vendita (Buđelet-lugànega-variante); di rapimento e/o sequestro-schiavitù (Burelet-lugànega, Piereto-capeleto, La vècia che la girea co l galòbo, Le tre tose e i assassini, I tre tosat); di morte (Barba-ẑucon, Piereto-capeleto, La vècia che la girea co l galòbo, Le tre tose e i assassini, I tre tosat, La regina e la indovinèla); di smarrimento (Burelet-lugànega, Le tre tose e i assassini, Le tre tosete pèrse inte l bòsc, I tre tosat). Eppure il lieto fine, accompagnato da enfatizzate manifestazioni di giubilo, è segnato, più che dal superamento delle prove d'iniziazione e dal passaggio all'età adulta, dal rientro in casa e dal ricongiungimento con i genitori; anche per i figli che avevano subito l'abbandono o la vendita a causa della miseria, come in Bacan, in Buđelet-lugànega [variante] e in Le tre tosete pèrse inte l bòsc.
Paolo Peruch e Maria Grazia Magris