Avvertenze
Questo libro si propone come documento di lingua dialettale, come percorso della memoria e come contenitore di materiale di studio per gli esperti delle varie discipline che si occupano delle tradizioni popolari.
Proverbi, modi di dire e indovinelli: compilazione in ordine alfabetico
Le persone che ci hanno trasmesso le locuzioni sentenziose, consegnandocele ben levigate e polite e ridotte all'essenziale come i sassi trasportati e lavorati per secoli dalla corrente del fiume, generalmente ritenevano giusto conformarsi alle indicazioni, ai valori e alle 'verità eterne' della tradizione (pescando tra le tante, potevano ben scegliere tra le più congeniali…). Principalmente nei proverbi esse trovavano alcuni fondamenti della loro identità culturale e un orientamento pratico, un certo qual ordine di idee o criterio di giudizio di fronte all'indistinto e alla complessità delle cose.
Ciò non significa che il variegato e composito mosaico di queste particolari espressioni linguistiche possegga i requisiti di una 'summa', filosofica o religiosa che sia. Esso al contrario è caratterizzato da infinite contraddizioni, ancorato com'è all'esperienza della vita concreta, che si limita a descrivere e a commentare mirando non tanto alla coerenza quanto a coinvolgere emotivamente con un tono di volta in volta serio, faceto, parodistico, burlesco, polemico, accattivante, bonario, sarcastico, gnomico e didascalico, a seconda dei casi.
Anche per questo non è stata adottata in questa raccolta una delle usuali classificazioni sistematiche relative al contenuto dei testi: basate su categorie concettuali praticamente moltiplicabili e suddivisibili all'infinito come in un gioco di scatole cinesi, esse offrono un'immagine in parte deformata della mentalità popolare.
Pur essendo indubbiamente utili e apprezzabili sotto certi aspetti, in particolar modo per la paremiologia calendariale e meteorologica, per le norme professionali, per le ricette culinarie e per i detti, notoriamente univoci, le classificazioni per temi comportano, alla prova concreta, delle mutilazioni semantiche nella stragrande maggioranza dei proverbi.
Unico infatti quanto a origine, ispirazione, storia, tratti caratteristici e forma poetica, il proverbio preesiste agli eventi ai quali viene riferito; ed è vero che per 'incollarlo' nei discorsi correnti lo si 'copia' tale e quale dal 'templum-tempus' della tradizione. Ma per sua specifica natura, per il fatto di esprimere una lettura della realtà mediante immagini - come nel cinema: azioni che si vedono -, esso si offre di volta in volta all'intuizione come un termine di paragone in rapporto con un secondo inscindibile termine, quello che ne dà il senso 'ad hoc', che viene indicato o suggerito nel contingente contesto discorsivo.
La pertinenza della citazione proverbiale e dunque i suoi significati sono il risultato estemporaneo di associazioni mentali, senza altri riscontri esegetici che quelli dell'uso e della sensibilità soggettiva: la classificazione di molti testi entra in conflitto con la loro polisemia.
Inafferrabile Proteo, il proverbio non sopporta di essere imprigionato in uno schema.
Compilazione in ordine alfabetico, dunque: con riferimento alla prima parola per i proverbi, alle parole-chiave per i modi di dire e alle parole-soluzione per gli indovinelli.
I primi si presentano con una forma fissa, cristallizzata, dalla prima all'ultima parola e sillaba. I secondi, invece, all'atto della citazione vengono parzialmente adattati al contesto con modifiche sia all''incipit' sia alle forme grammaticali (persona numero e genere del soggetto; persona numero tempo e modo del predicato); solo la loro struttura sintattica resta inalterata, al pari della parola-chiave, arco voltaico tra il libero fluire del discorso comune e la forma letteraria della metafora codificata dalla tradizione.
La ricerca del singolo proverbio all'interno della raccolta così ordinata può essere egualmente attuata attraverso l'Indice delle parole-chiave o anche attraverso gli Elenchi di alcuni tipi di proverbi e l'annessa Nota.
Una delle conseguenze della catalogazione alfabetica è che si demanda alla lettura personale il compito di affrontare la sempre aperta sfida di immaginare i possibili significati dei proverbi.
La traduzione - o parafrasi o spiegazione o interpretazione a seconda dei casi - affiancata a certe parole o espressioni dei testi dialettali si giustifica quindi solo in quanto il loro significato o certi loro significati possono risultare oscuri per l'eclissi del dialetto e per la continua trasformazione culturale: il compilatore è ben cosciente che questo suo intervento di comunque opinabile decifrazione rischia di attribuire un unico colore al camaleonte.
Fiabe e Storie: dall'orale allo scritto
Nella trasposizione dall'orale allo scritto delle fiabe e delle storie, si è cercato di riprodurre, nei limiti del possibile, l'enfasi e le cadenze del racconto originale eliminando soltanto ridondanze e rumori semplicemente riempitivi, si è rimediato a qualche banale lacuna mnemonica dell'informatore e si sono rispettate le frequenti ripetizioni, anche quelle che al lettore abituato ad altre forme narrative potrebbero sembrare non funzionali.
Sui titoli di due capitoli
Non tragga in inganno il titolo del capitolo dedicato a Ingiovinèi, sfide… de quande che se ndea in fila. In quella specie di crogiuolo culturale che era appunto il filò nel mondo contadino - durante il quale i convenuti, uscendo in un certo senso dalla normale condizione di vita e di relazione, si riunivano in gruppo per filare, esercitare piccoli mestieri, giocare, conversare, pregare, e il patrimonio di cultura, passato e ripassato al vaglio, prendeva corpo arricchendosi con effetti sinergici - potevano entrare anche filastròche, fiabe, storie, modi de dir e proverbi, inframmezzati naturalmente alle altre forme di espressione, di comunicazione e di informazione che riempivano la serata nella stalla.
Quanto ai 'puerilia', cioè ai testi Par i cèni e i tosatèi, si sa che dal punto di vista scientifico non meriterebbero affatto questo titolo riduttivo. Gli stessi chiapparelli, che abbiamo chiamato storièle co in fondo la dimanda-bartoèl non avendo riscontrato nel dialetto un termine specifico per indicarli, possono svolgere funzioni e assumere o suggerire significati che vanno ben oltre quelli del gioco e della beffa puerile. Rileggendo ad esempio il testo n.119, si resta sorpresi dagli squarci di verità storica contenuti nelle due sentenze e da come vi viene sintetizzata la tragica vicenda umana - e si capisce come il bambino potesse venire facilmente beffato mediante la successiva domanda-trabocchetto!
Lasciamo infine alla filologia e alla linguistica il compito di avventurarsi tra i reperti costituiti da certe filastrocche e di decifrarne parole ed espressioni talvolta strane e misteriose; e così ci portiamo dietro la curiosità di scoprire come mai molte 'conte' inizino con a- (an, anda, ara, ai), come quella che ci è stata riferita dopo l'impaginazione del libro e che, dato il suo singolare impasto ritmico e linguistico, non abbiamo voluto tralasciare: An blin blèn - cicutèren blèn - pìlia mamusè - che no si può tocare - questa è la rumba de i tre soldà - mucià mucià mucià - toca fòra soto - toca fòra soto… A quale elencazione alfabetica o inizio di numerazione attingono le prime parole? A quale lingua dimenticata?
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E con questo, superati i preliminari, espletato anche il trar toco di prammatica, entriamo insieme nel gioco.